martedì 27 novembre 2012

Teatro greco-romano di Catania

Tibia Duplex by Synaulia on Grooveshark
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Il teatro, sinonimo di creazione ed espressione artistica, deve la sua origine agli antichi culti dionisiaci. Furono culti misterici e religiosi in onore di Dioniso, divinità del vino e dell’uva, nato dal tradimento di Zeus con Simele. Era, accecata dalla gelosia, si presenta nelle sembianze di nutrice alla contendente, convincendola della natura divina del suo amante. Simele prega e convince Zeus a presentarsi in tutta la sua potenza e divinità, ma che nessun mortale poteva sostenere. L’amante venne folgorata e ridotta in cenere, ma il feto fu salvato in tempo e Zeus stesso lo cucì all'interno della sua coscia.
Reso immortale,  Dioniso, ricondurrà la madre dagli Inferi all'Olimpo e per questo rispecchierà colui che ritorna dalle tenebre alla vita stessa. Egli è l’energia vitale in natura che scorre nei mesi estivi e primaverili, quel dio che è manifestazione nei frutti, nella natura, e l’uomo se ne ciba, simboleggiando con lui la sua unione. I succhi dolciastri dei frutti estivi, l’ebbrezza portata dal vino rappresentano l’incarnazione di Dioniso stesso, la medesima cosa uomo - natura, l’energia espressa in ritmi e danze prive di regolarità. La linfa vitale dionisiaca nei frutti e nella bevanda è la chiave all'estasi e alla vita stessa. 


Questi culti e riti misterici probabilmente furono le prime espressioni teatrali dell’antica Grecia, formando un’identità culturale in cui l’uomo poteva rispecchiarsi. Il teatro nello scorrere del tempo incarna i mutamenti che avvengono, incarna i conflitti tra la prigionia e il desiderio di libertà, una lotta, una ribellione contro ciò che è stabilito e fissato politicamente e  socialmente. Rappresenta dunque la vita della polis stessa, in ambito pedagogico e culturale (come la commedia e tragedia) e in ambito politico con le sue assemblee cittadine, giudizi e condanne.  La tragedia è la sua forma più espressiva, la fusione di danze, parole, canti rimandano alle ansie religiose e morali dei tempi.

“Tragedia è dunque imitazione, di un’azione elevata e conclusa, dotata di grandezza, con parola piacevole separatamente per ciascun aspetto nelle sue parti, di persone che agiscono e non tramite narrazione, la quale attraverso pietà e paura porta a compimento la catarsi di tali passioni”
Poetica, cap. 6, Aristotele

Lo Stagirita vede come in uno specchio le vicende tragiche della natura umana e imparerà  da ciò a parare i colpi della sorte, la disgrazia che  è la vita; è qui che avviene la catarsi, il purificarsi, il momento più alto del coinvolgimento passionale ed emotivo dello spettatore, che si libera dalle passioni in lui vissute in forma mediata e riflessa, attraverso un processo di sublimazione e risoluzione di esse.

“Nell’uomo, fin dall’infanzia, è innato l’imitare: in questo differisce dagli altri animali, perché è il più imitativo e mediante imitazione opera le prime conoscenze”
Poetica, cap. 2, Aristotele

A Roma e nel suo Imperium il teatro e l’essenza catartica viene meno, diventa solo luogo di diletto e divertimento. La prima rappresentazione teatrale romana avvenne nel  240 a.C.  con l’opera drammatica di Livio Andronico, scritta in latino. Gli antichi spettacoli romani che comprendevano danze, giochi, ludi, avvenivano in un semplice palcoscenico senza posti a sedere e quasi sempre l’unico obiettivo era il diletto, il piacere che ne si poteva trarne al sol guardare, ma gli antichi culti dionisiaci si perpetuarono nel tempo, ad esso sopravvissero nella cultura romana.

LA STRUTTURA ARCHITETTONICA DEL TEATRO:

- PULPITUM = PALCOSCENICO
- ORCHESTRA
- CAVEA = GRADINATE PER GLI SPETTATORI (divisione sociale)
- VOMITORIUM = INGRESSI O USCITE LATERALI

Struttura teatrale

Katane, polis della Magna Grecia, conserva un tesoro architettonico e archeologico della storia passata. Il teatro romano di Catania, fatto costruire su un preesistente teatro greco dove Alcibiade tenne discorso ai catanesi durante la guerra del Peloponneso, venne completato nel II secolo d.C. (tra Augusto e Adriano). La capienza era di 7000 spettatori con un diametro di 102 m. Tra le fondamenta del teatro scorre il divino fiume Amenano (rappresentato con la testa di un toro), usato allora per i diversi spettacoli acquatici. 



Il fiume Amenano, scorre tra le fondamenta del teatro e la città di Catania

Decadendo nell'epoca medievale, numerose case furono costruite nel circondario e il marmo fu utilizzato analogamente all'anfiteatro per la costruzione della cattedrale di Sant'Agata. Gli scavi diretti dal principe Ignazio Biscari, provvidero ad eliminare gli edifici all'interno di esso, riacquistando parzialmente la sua forma originale.

ODEON
A fianco del teatro, troviamo l'Odeon, edificio dedicato a spettacoli musicali e danze, maggiormente agli esercizi di canto dove poi lo spettacolo principale avveniva nel teatro a fianco. All'interno troviamo vari reparti del museo con una vasta esposizione archeologica: sezione numismatica, diverse statue tra i quali "Leda e il cigno", un ritratto di Gordiano III (220 d.c) e un ritratto giovanile del filosofo stoico e imperatore  Marco Aurelio (160 d.c.).

Il teatro greco-romano di Catania


Marco Aurelio, Leda e il cigno


Odeon

Francesco Conti


sabato 24 novembre 2012

Ku Klux Klan Tel Aviv, di Stefano Zecchinelli


1. Le borghesie imperialistiche americane ed israeliane si sono finalmente tolte la maschera: hanno bisogno di un nuovo conflitto bellico mondiale per superare la crisi economica.
Israele ha rivolto ancora una volta la sua mano genocida contro il popolo palestinese, scontrandosi con una eroica resistenza nazionale. La resistenza armata palestinese ha il diritto di vincere, e di cancellare lo Stato etnico israeliano dalle cartine geografiche. Chi nega questo lavora, a destra come a sinistra, per l’imperialismo sionista e quello americano.
L’Operazione che sta portando avanti lo Stato nazista di Israele prende il nome di ‘’Colonna di Fumo’’, ispirandosi ad un passo biblico. Nel libro dell’Esodo, nel passo 13:21-22, si legge  "E l'Eterno andava davanti a loro, di giorno in una colonna di nuvola per guidarli nella via, e di notte in una colonna di Fuoco per Far loro luce".
Questa volta, però, la sinistra palestinese e la jihad islamica hanno colpito duramente il mostro sionista: Gaza è un cumulo di macerie, ma i combattenti del Fronte popolare di liberazione palestinese, in ogni via, urlano le parole di Ernesto Guevara ‘’la patria o la morte’’, rispondendo, colpo su colpo, ai vili attacchi dello Stato ebraico.
Benjamin Netanyahu, è in piena campagna elettorale, ma Israele, in realtà non è mai stato uno Stato democratico.
Già Ben Gurion chiariva che ‘’ Lo stato ebraico che oggi ci si offre non è l’obiettivo sionista. In questa ristretta regione non è possibile risolvere la questione ebraica. Ma  può servire come fase decisiva sulla strada di una più sostanziale realizzazione sionista. Esso permetterà di consolidare in Palestina, nel più breve tempo possibile, quella reale forza ebraica che ci porterà al nostro obiettivo storico’’ (Ben-Gurion, citato in Norman G. Finkelstein, Image and Reality of the Israel-Palestine Conflict, Verso, Londra e New York, seconda edizione, 2003, p. 15).
E’ molto difficile dialogare con chi lancia una dichiarazione di guerra permanente. Infatti, sempre Ben Gurion, in una lettera al figlio scrive ‘’ Lo stato ebraico, scriveva, avrà “un potente esercito – non dubito che il nostro esercito sarà uno dei più potenti del mondo – e così non ci si potrà impedire di stabilirci nel resto del paese,  cosa che noi faremo o con accordo e mutua comprensione con i vicini arabi o altrimenti”.
L’esercito israeliano ora ha un arsenale bellico che è uno dei più potenti del mondo (ci ritornerò), ma è bene chiederci come sono arrivati i sionisti a tutto ciò ? Ce lo dice l’ebreo Albert Einstein che in una lettera, del 1948, indirizzata al New York Times, scrive ‘’ Tra i fenomeni politici più inquietanti della nostra epoca, c'è nello Stato creato di recente di Israele, la creazione del "Partito della Libertà" (Tnuat Haherut), un partito strettamente imparentato nella sua organizzazione, i suoi metodi, la sua filosofia politica ed il suo richiamo sociale ai partiti nazisti e fascisti’’.
Attraverso una programmata collaborazione fra la destra sionista ed i fascismi europei. Quello denunciato da Albert Einstein è solo un punto di arrivo. Una coincidenza da analizzare con attenzione perchè l’imperialismo israeliano ha forti analogie con quello nazista.
Già negli anni ’30 le affinità ideologiche non poterono essere nascoste. Ma lasciamo parlare i diretti interessati.
Nel 1977 Begin, un terrorista nazista, salirà al potere in Israele. Begin, avrà come ideologo Abba Ahimert, che negli anni trenta aveva scritto ‘’ Sì, NOI REVISIONISTI ABBIAMO UNA GRANDE AMMIRAZIONE PER HITLER. Hitler ha salvato la Germania… E SE ABBANDONA IL SUO ANTISEMITISMO, NOI POTREMO FARE UN PO’ DI STRADA CON LUI’’.
Ma i presupposti per fare questo viaggio insieme cerano già tutti e troveranno molte conferme. Il 26 novembre 1938, giornale delle SS Das schwarze Korps, dichiarò che ‘’ Il riconoscimento della comunità ebrea, come COMUNITÀ RAZZIALE FONDATA SUL SANGUE e non sulla religione conduce il giovane tedesco a garantire senza riserve l’integrità razziale di questa comunità’’.
Nel gennaio 1941 il Lehi, organizzazione terroristica sionista, offriva la sua collaborazione alla Germania nazista e l’ 11 gennaio 1941 a Berlino giunge questa proposta ‘’ …I principali uomini di stato della Germania nazionalsocialista hanno spesso insistito sul fatto che un Ordine Nuovo in Europa richiede come condizione previa una soluzione radicale della questione ebraica, mediante l’emigrazione. L’evacuazione di masse ebree d’Europa è la prima tappa della soluzione della questione ebraica. Tuttavia, il solo mezzo per cogliere tale fine è l’installazione di queste masse nella patria del popolo ebraico, la Palestina, mediante lo stabilimento di uno Stato ebraico nelle sue frontiere storiche…’’.
Inquietanti analogie si possono trovare scorrendo testi e documenti di quel periodo storico e del resto le ricerche storiche non mancano. Quelli su riportati sono solo degli esempi che io ho ritenuto abbastanza eloquenti.
2. Come ha già detto su, Israele è tutto tranne che una democrazia.
In Israele, ad esempio, non esiste una Carta Costituzionale (1). Israele non ha delle leggi che regolano l’amministrazione della giustizia ed il potere è concentrato nelle mani dei tribunali rabbinici (2). Il potere dei rabbini è degno di una dittatura hitleriana: ad Israele non esiste il matrimonio laico, e nelle carte di identità si trova scritto ‘’ebreo’’ o ‘’non ebreo’’ e se è ebreo, ancora, ‘’laico’’ o ‘’religioso’’. I cittadini palestinesi vengono considerati cittadini di secondo rango.
Non esiste una ‘’nazionalità israeliana’’ perché questo renderebbe uguali ebrei e palestinesi ma Israele è uno Stato etnico, razzista, ed antidemocratico in perenne stato di guerra.
Vediamo, adesso, le caratteristiche dell’imperialismo israeliano.
3. La prima caratteristica di Israele è quella di avere una scarsa espansione territoriale, in rapporto al ruolo che ricopre nella catena di comando imperialistica.
La lobby sionista, la potentissima AIPAC, riesce a condizionare la politica estera americana.
Negli Stati Uniti i finanziatori di Israele sono: (1) i sionisti facoltosi ed influenti istituzioni private; (2) il governo Usa; (3) i mass media, con particolare attenzione al New York Times, Hollywood, ed altri reti televisive; (4) i vertici delle unioni sindacali e dei fondi pensione.
La CIA e Wall Disney, ad esempio, stanno convincendo che gli ebrei degli Stati del sud che se si convertiranno al cristianesimo cesseranno di essere ebrei ed allora la cacciata degli arabi dalla Palestina coinciderà con la seconda ascesa di Gesù Cristo sulla terra.
Secondo James Petras i sionisti ‘’Operando ai vertici della piramide sociale, sono in grado di influenzare la politica ed impedire alle voci dissidenti di circolare liberamente all’interno del mondo mediatico e di quello politico’’.
L’imperialismo americano si è messo del tutto al servizio del sionismo. Nel 1992 Paul Wolfowitz indica questi quattro punti strategici: (1) distruggere il potere economico, politico e militare dell’Irak che era un baluardo dell’antisionismo; (2) finanziare l’espansione di Israele e la colonizzazione della Palestina; (3) continuare a boicottare Libia, Iran e Siria, Stati canaglia vicini al popolo palestinese.
Sempre James Petras nel suo libro sul sionismo ci segnala un fatto interessante ‘’Le tecniche di tortura, insegnate da istruttori israeliani, aggiornavano, perfezionavano e confluivano nei vecchi manuali della CIA, in particolare introducendo alcune caratteristiche legate alla tortura sui musulmani, specialmente arabi’’.
Questo ha screditato in modo notevole l’occupazione Usa dell’Irak, ma gli interessi dei sionisti hanno avuto la precedenza.
L’impero americano dichiara guerra al mondo ma la CIA è letteralmente subordinata al Mossad. La CIA ha adottato il modello degli omicidi selettivi attraverso il Special Agency Program, che prevede gli omicidi mirati, e può violare la sovranità di tutti gli Stati del mondo.
4. Gli Stati nazionali, nel mondo occidentale, diventano dei lacci di trasmissione del programma, politico, economico, ed ideologico, dell’imperialismo più forte.
Se il fascismo è stato un riadattamento in Europa del modello classista rappresentato dalla Rhodesia, all’epoca creatura dei sionisti e dell’imperialismo inglese, oggi siamo davanti un processo integrale di sionizzazione del mondo.
Scrivono i capi storici delle Brigate Rosse nella loro analisi dello Stato Imperialistico delle Multinazionali:‘’ Assistiamo così ad un capovolgimento dei ruoli: lo Stato non è più come nella tradizione liberal-democratica espressione dei vari partiti, ma ora sono i partiti ad essere "espressione" dello Stato; e l'Esecutivo non è più l'espressione politica dei rapporti di forza interni al Parlamento, ma lo strumento "straniero" degli interessi della borghesia imperialista nell'area nazionale. È lo Stato cioè che ora usa i partiti, li rivitalizza attraverso il finanziamento pubblico e se ne serve per mobilitare e organizzare le masse intorno alla sua politica’’.
Lasciamo che a dare conferma ai guerriglieri urbani delle BR sia Samuel Huntington che per conto della Trilateral dice “l’idea democratica secondo cui il governo deve rispondere ai cittadini, crea in questi aspettative di soddisfazione dei bisogni e di eliminazione dei mali che affliggono certi gruppi nella società”.
Sempre Huntington avverte “L’impulso della democrazia è di diminuire il potere del governo, di aumentare le sue funzioni, e di diminuire la sua autorità”.
La nuova democrazia totalizzante prevede l’applicazione del modello autoritario sionista anche nel mondo occidentale (mentre l’imperialismo mette a ferro e fuoco le colonie ed il terzo mondo): la società israeliana è militarizzata, lo stato controllo e gestisce interi gruppi sociali, indirizzandone i comportamenti, e spingendoli ad accettare le mostruose forme di dominio della elite dominante sionista.
Poco dopo, nel documento delle BR, si trova una citazione della compagna  Ulrike Meinhof: ‘’... nella completa compenetrazione di tutti i rapporti dell'imperialismo attraverso il mercato e del processo di statalizzazione della società, attraverso gli apparati statali repressivi ed ideologici non esiste nessun luogo e nessun tempo dove tu potresti dire di qui io parto’’.
Non è casuale che proprio per ciò che riguarda me misure di sicurezza l’Unione Europea raggiunge maggiore stabilità riducendo gli Stati ex sovrani in involucri politici ed ideologici non corrispondenti al loro contenuto originario.
5. La lotta del popolo palestinese appartiene a tutte le classi sfruttate del mondo.
Se la resistenza araba – dalla sinistra marxista alla jihad islamica – riuscirà a sfondare il mostro sionista, l’imperialismo americano, gendarme dell’ AIPAC, subirebbe dei duri contraccolpi e questo potrebbe riportare il conflitto di classe all’ordine del giorno anche in occidente, dove il capitalismo in decomposizione dimostra, giorno dopo giorno, di non avere nulla da invidiare alla necrofilia hitleriana.
Israele è il pilastro della catena di comando imperialista, gli Stati Uniti il suo braccio armato: da una parte il potere economico e finanziario, dall’altro la forza militare. Un duo inscindibile, quello Usa – Sionismo, che può essere sconfitto solo sul campo della lotta armata antimperialistica. I precedenti storici non mancano !
Testi consultati:
1)      James Petras, Usa: padroni o servi del sionismo, Ed. Zambon
2)      Mauro Manno, La natura del sionismo, sito di Israel Shamir
3)      Lo stato imperialista delle multinazionali, Biblioteca Multimediale Marxista

Stefano Zecchinelli

mercoledì 21 novembre 2012

LA GRANDE STORIA DEL TEMPO, di Alberto Giovanni Biuso


Stephen W. Hawking
Con Leonard Mlodinow
LA GRANDE STORIA DEL TEMPO
(A brief history of time, 2005)
Trad. di Daniele Didero
Rizzoli, Milano 2010
«BUR Scienza»
Pagine 204



Si tratta di una nuova versione, aggiornata e assai ridotta, del libro tradotto in italiano nel 1988 con il titolo Dal Big bang ai buchi neri. Un testo che ha rappresentato una sorta di canone popolare della fisica contemporanea, in particolare dei suoi contenuti cosmologici. L’Autore, infatti, così riassume il cammino dell’astrofisica del Novecento: «Abbiamo compreso l’irrilevanza del nostro stesso pianeta nella vastità dell’universo, e abbiamo scoperto come il tempo e lo spazio siano curvi e inseparabili, come l’universo si stia espandendo e abbia avuto un inizio nel tempo» (p. 102). Si tratta di scoperte o di ipotesi? Se le prime due affermazioni, infatti, sembrano certe -nei loro contesti- sulle ultime due invece il dibattito è aperto, tanto che lo stesso Hawking riconosce che una teoria scientifica «è soltanto un modello dell’universo (o di una sua parte limitata) e un insieme di regole che mettono in relazione i valori quantitativi che compaiono nel modello con le osservazioni che facciamo nella realtà. Questo modello sussiste solo nella nostra mente e non ha alcun’altra realtà (qualunque cosa si possa intendere con questo termine)» (21).
La teoria che Hawking sta cercando di elaborare nel corso dell’intera sua attività ha come obiettivo l’unificazione in un Tutto coerente delle quattro forze che intridono la materia: gravità, forza nucleare debole, forza elettromagnetica e forza nucleare forte. Nonostante il permanere dell’irriducibilità tra la prospettiva relativistica e la teoria dei quanti, l’obiettivo ultimo consisterebbe nel «trovare una teoria quantistica della gravità, un compito che finora nessuno è stato in grado di portare a termine» (148).  Il fatto è che la relatività generale ha dei limiti che vanno emergendo sempre più in tutta la loro portata, implicazioni, conseguenze e che erano chiari sin dall’inizio. Soltanto l’entusiasmo prodotto da idee tanto nuove e radicali, oltre che il rigore matematico della loro formulazione, ha nascosto tali limiti. Uno di essi è davvero clamoroso: «Quando una teoria predice delle singolarità come una densità e una curvatura infinite, è un segno che dev’essere in qualche modo riveduta. La relatività generale è una teoria incompleta, poiché non è in grado di dirci come l’universo abbia avuto inizio» (103). Ma questo non è un limite della sola ipotesi einsteiniana, è un limite della fisica in quanto tale, poiché «domande come “Chi ha predisposto le condizioni per il big bang?” non sono problemi di cui la scienza si occupa» (84). La questione non consiste  però nel trovare un nome o una qualsiasi identità a tale “chi”, il problema è un vuoto epistemologico, è l’assenza di una spiegazione completa, è la stessa singolarità come ambito nel quale le leggi elaborate dalla fisica non hanno più valore. Ma il limite più grave è ancora un altro. Se, infatti, le scienze fisiche ammettessero questo loro confine esplicativo e si ritenessero -quali sono- un linguaggio tra gli altri con i quali cercare di comprendere il mondo, ne seguirebbe la totale legittimità e valore dei loro assunti nello specifico ambito del loro linguaggio. E invece la fisica contemporanea ritiene spesso -non sempre, per fortuna- di essere l’unico linguaggio legittimato, autorevole, rigoroso. Tale atteggiamento si nota anche in Hawking, che nella pagina conclusiva del saggio deplora la filosofia e i filosofi in quanto i secondi «non sono riusciti a tenere il passo con il progresso delle teorie scientifiche» e la prima perché si sarebbe ridotta a una semplice analisi del linguaggio: «Che declino rispetto alla grande tradizione della filosofia da Aristotele a Kant!» (172).
Ma guardiamo un poco più a fondo dentro le teorie cosmologiche sostenute da Hawking e da molti suoi colleghi.
L’unificazione dello spazio e del tempo a partire dalle proprietà della luce è certamente un grande risultato ma non può ergersi a unica spiegazione della temporalità, la cui identità molteplice è fatta anche di memoria,  attesa, socialità, storia, biologia e non soltanto di movimenti di particelle. La soluzione al paradosso dei gemelli consiste nel superamento dell’idea di un tempo assoluto poiché «ogni singolo individuo ha una propria personale misura del tempo, che dipende da dove si trova e da come si sta muovendo» (60) ma, ancora, la propria personale misura del tempo non dipende soltanto dal luogo e dalla velocità del moto bensì anche dall’essere e dal sapersi parte di un flusso temporale che si origina nei gangli stessi della corporeità vivente, del Leib.
La congettura della protezione cronologica proposta da Hawking per evitare le gravi contraddizioni che ineriscono ai viaggi nel tempo -resi possibili dalla relatività- «afferma che le leggi della fisica concorrono per impedire che i corpi macroscopici portino informazioni nel passato. Questa congettura non è stata dimostrata ma ci sono delle ragioni per credere che sia vera» (141). Di congetture come queste non potremmo riempire il mondo e i libri allo scopo di superare ostacoli per ora insuperabili e incongruenze per ora irrisolvibili?
La teoria delle stringhe interpreta la forza gravitazionale esercitata dal Sole sulla Terra «come causata dall’emissione delle particelle portatrici di forza dette gravitoni» (153). Sono questo linguaggio e questa sostanza così diversi dalla vis dormitiva attribuita da un medico all’oppio e giustamente messa alla berlina da  Molière?
Prima di compatire la filosofia e porsi come suo superamento, i fisici -teorici o sperimentali che siano- farebbero bene a conoscerla meglio.


                                                                                             Alberto Giovanni Biuso

Anfiteatro romano di Catania, un tesoro antico


Le visite catanesi non possono non comprendere uno dei più grandi anfiteatri romani. Ubicato in piazza Stesicoro, pieno centro storico catanese venne fatto costruire nel II sec. d.c.  tra Adriano e Antonino Pio (dinastia Antonini); era adibito a spettacoli, giochi e combattimenti tra gladiatori. Gli anfiteatri oltre ad avere una funzione diversa da quella del teatro, avevano una forma ellittica, al contrario degli ultimi che ne avevano una semicircolare.


Gli anfiteatri venivano utilizzati per le venationes, ovvero giochi in cui avvenivano uccisioni di animali (elefanti, orsi, leoni,tigri,cammelli) importati dall'Oriente e dal Nord Africa.  Le venationes oltre ai giochi,  comprendevano le condanne a morte: la Damnatio ad bestias, dove il condannato (di solito uno schiavo ribellatosi al padrone) veniva sbranato vivo dalle belve, la Damnatio in crucem, ovvero la crocifissione e infine le condanne al rogo. L’imperatore Tito per festeggiare il completamento del Colosseo ordinò 100 giorni di festeggiamenti, durante i quali vennero uccisi 10.000 prigionieri e 9.000 animali!


Damnatio ad bestias

L’anfiteatro di Catania con un circonferenza esterna di 309 m e l’arena di 192 m, il diametro esterno di 125m x 105 m, l’arena 70m x 50m e con una cavea (gradinate) di 14 gradini, poteva contenere 15.000 persone e riempiendo l’arena d’acqua (tramite complesse strutture  idrauliche) si potevano svolgere anche spettacoli acquatici (naumachie = battaglie navali ). Tra il 252 e il 253 d.c. venne coperto dalla lava, a causa di un’eruzione dell’Etna ma non venne distrutto. Dopo la caduta dell’impero a l’arrivo degli Ostrogoti in Sicilia, l’imperatore Teodorico  emanò un editto, dove consentiva di usufruire delle pietre dell’anfiteatro per la costruzione delle difese e delle mura cittadine. Si pensa sia stato usato anche per la costruzione della cattedrale di Sant'Agata e del castello Ursino di Federico II di Svevia. Nel terremoto della Val Di Noto (1693) venne totalmente coperto e sarà grazie all'intervento del mecenate Ignazio Paternò Castello, principe di Biscari, che iniziarono gli scavi. Nuovamente abbandonato, solo negli anni 90 verrà ristrutturato. Solo una piccola parte è visibile (diverse gradinate,alcuni archi e una parte dell’arena), mentre il resto è coperto dal suolo urbano. Questa meraviglia architettonica risiedeva a ridosso della collina Montevergine, agorà dell’antica Katanè.

Francesco Conti









L'aspetto più divertente del potere: la necessità del non essere, di Natale Anastasi

Siamo impossibili perché in(de)finite sono le nostre possibilità

«I bisogni indotti dal vecchio capitalismo erano in fondo molto simili ai bisogni primari. I bisogni invece che il nuovo capitalismo può indurre sono totalmente e perfettamente inutili e artificiali. Ecco perché, attraverso essi, il nuovo capitalismo non si limiterebbe a cambiare storicamente un tipo di uomo: ma l’umanità stessa. Va aggiunto che il consumismo può creare dei “rapporti sociali” immodificabili, sia creando, nel caso peggiore, al posto del vecchio clerico-fascismo un nuovo tecno-fascismo ( che potrebbe comunque realizzarsi solo a patto di chiamarsi anti-fascismo); sia , com’è ormai più probabile, creando come contesto alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili» ( Pasolini,1975)





Premessa riguardo la fiducia:

I rapporti umani sono sempre complessi. Una complessità spesso irrisolvibile che squarcia ogni forma di controllo, di sicurezza, e di cui spesso s'infrange l'omeostasi. Difficilmente infatti due parti combaciano insieme nello stesso mosaico, e ancor più di rado l'essere insieme è duraturo in mancanza di quella frivola e momentanea emozione chiamata infatuazione. Quando finisce "la passione" si è soliti affermare che i rapporti sono ormai sciolti. C'è chi invece sostiene che per star bene insieme si dev'essere in grado di saper vivere da soli, senza bisogni né dipendenze da caricare sugli altri. Da tutti questi momenti, che spesso diventano assai problematici, ci si pone la domanda: quale collante, se non la fiducia, l'aver fede, ossia l'amore nell'Altro, può permettere al rapporto di maturare, crescendo e superando i propri limiti ?

Eppure, quando la volontà si infrange sulle scogliere dell'immaturità e, schiavi delle proprie mancanze e dei propri limiti, ci si crede impossibilitati a rispettare la fiducia altrui, e ci si crede davvero manchevoli, avremmo bisogno d'indagare i perché delle nostre azioni e se davvero chi ci sta dinanzi e che magari abbiamo fatto soffrire non ha fatto nulla per meritarsi ciò. Bisognerebbe avere quindi la forza di chiarirsi prima con se stessi e poi con gli altri. Considerando sempre se gli altri abbiano recepito ed accettato ciò che doniamo, e se davvero interessa loro. 
La risultante è, quindi, che ci vuole autostima per essere all'altezza di meritarsi la fiducia e il rispetto, ma ancor di più ci vuole maturità per selezionare le persone che vogliamo davvero con noi. Un rapporto è sempre un affidarsi reciproco e quando vi sono delle incomprensioni e/o delle gravi mancanze che deteriorano il rispetto reciproco o univoco, si scade o nel do ut des, o nel cameratismo (si sta insieme perché non si può fare altrimenti), nell'opportunismo, nel comodismo (stare insieme per abitudine) o ci si allontana, prima o poi, nel silenzio senza spiegazione. A volte, ancora, la morale personale richiederebbe un comportamento altrui simile a quello che noi adotteremmo su noi stessi e verso gli altri, mentre invece ci relazioniamo con persone da cui bisogna aspettarsi sempre di tutto e che risponderanno alle nostre azioni nel loro modo di essere. E ancor maggiormente chiedersi: con quale disposizione d’animo, con quale approccio, con che intenzione ci poniamo le domande sui significati di ciò che da noi si dipartirà? Identità appunto intesa come continuità di divenire chi si è, non come sforzo ad essere ciò che gli altri vorrebbero da noi. Si imita non imitando, imitando chi imita costruiamo la riproduzione di una statua di sale.  

Quindi, dato che soltanto raramente otteniamo ciò che ci aspettiamo di ricevere dagli altri, c'è il rischio di idealizzare fin troppo i rapporti per le nostre finalità, legandosi alle immagini mentali create su chi crediamo ci stia dinanzi, che però non corrisponde agli schemi concettuali che, seppure inconsciamente, abbiamo creato. Come dire, in altre parole, che dall'unione della povertà e dell'espediente necessitiamo d'incontrare parti di noi in altri, cercando tutti i segnali possibili per confermare le nostre credenze sulla reale esistenza di quella che invece è un'illusione, incarnandola affinché possa davvero corrispondere al nostro modo d'essere. Motivo per cui si potrebbero elencare infinite espressioni di uso comune. Sembra pertanto necessaria per molti questa componente affinché possa generarsi ciò che viene chiamato "amore". D'altro canto c'è chi nelle varie forme di philia sostiene sempre una necessaria idealizzazione, per lo slancio emotivo connesso a questo superamento del "razionale", che serve quindi a noi stessi e che crediamo possa donarci l'altro, quando è in atto un processo di simbolizzazione. Negare il possibile superamento di ogni forma d'idealizzazione del resto sembra un'astrattezza se non calata nel particolare dell'esperienza soggettiva; il tentativo qui posto non propone verità assolute e lascia al lettore una risposta aperta. Ma negli imprevisti, su cui si basano gran parte dei momenti delle nostre esistenze, come poter sopravvivere al carico di queste idealizzazioni ? Molto più semplicemente, suppongo sia più auspicabile uno sguardo divergente sulle realtà che osserviamo. Altrimenti saremmo solo frutto del nostro puro narcisismo, del credere che gli altri ci amino quando in realtà l'amore che crediamo di ricevere è solo il nostro, riflesso negli occhi altrui. 

Pensare però che a priori, con strategia, si possano e si debbano costruire dei rapporti basati sulla condivisione di similarità (idee, azioni, interessi vari) non dà l'impressione di rimandare a quell'autentica semplicità ed immediatezza del vivere in prospettive meno chiassose, di spontaneità, e di comprensione intuitiva. Si è insieme, corpi, idee e sogni. Perché "costruire", termine alquanto artificioso, il sentire sul linguaggio verbale e sul pensiero conscio è sempre una porzione molto limitata e limitante della comunicazione ed è proprio l'inconscio a determinare spesso e volentieri i nostri comportamenti a cui non sappiamo dare una spiegazione o che crediamo di averla già data, con certezza ferma. Ebbene, credo che la certezza sia necessaria per poter sopravvivere, ma in alcuni ambiti, come questi appena descritti, occorre essere sempre consapevoli della limitatezza dei propri punti di osservazione. Ci vuole umiltà, conoscenza di sé tramite l'accettazione dei propri limiti, che a volte è possibile superare, e l'ammissione delle possibilità che ve ne siano altri di cui non conosciamo la natura, ma che determinano i nostri modi d'essere. 

Pertanto «il dialogo dovrebbe essere semplicemente un suono fra gli altri, solo qualcosa che esce dalla bocca delle persone, i cui occhi raccontano la storia per mezzo di espressioni visive» (Alfred Joseph Hitchcock).

Da questa premessa posso chiarire ora il punto riguardo al potere, ossia del controllo che si ambisce ad esercitare per la paura e per la convenienza a viversi senza frapporre agli altri le nostre sovrastrutture ideologiche.


Tesi, antitesi e sintesi sul Potere:

L'effetto del non essere è l'atmosfera su cui penso si formi il potere, che a mio parere può esser motivato dalla relazione inconscia dell'esistenza tramite il gesto: nell'azione, nel poiein, da cui si cerca di modificare la realtà virtuale in base alla propria essenza; questa sembra vivere solo nell'attimo in cui l'azione è pensata virtualmente ed ha un corrispettivo successo. Ed il successo, seguendo tale discorso, sarebbe rappresentato dall'effettivo ritorno potenziato di ciò che noi immettiamo nel sistema; il potere si amplifica costruendo su se stesso. Ed il potere moltiplicato si ottiene solo tramite l'imposizione moraleggiante del dover fare, dell'applicare con forza la legge morale universale, cadendo nel moralismo. 
E’ un concetto conchiuso: da un lato della legge procede per indeterminatezza, dall’altro ricava la sua essenza dall’accettazione dei dogmi. Vive nascosto, quindi, perché il suo carattere è l’ambiguità. Non si avanza perciò di un sol passo. Morta l'azione, trascorsa la sbornia pragmatica dello "stare nella realtà", si estingue, esanime, l'esistenza. 

Se l'azione fallisce decade la possibilità di intervenire e, quindi, ci si sente inesistenti perché inefficaci: dei veri e propri fantasmi. Si giunge alla biforcazione: o si desiste, alienandosi e cedendo il passo alle psicopatologie, oppure si potenziano i mezzi a propria disposizione, sfruttando e sfruttandosi, vivendo solo di essi. Stenti.

Si cercheranno tutte le cause del fallimento e ci si imporrà di pensare esattamente nel modo in cui gli altri pensano, perché da sottomettere. Si crea così una sorta di simulacro, uno specchio, un campo di rifrazione in cui viene riflessa la nostra luce, in un bagliore rappresentato dall'azione compiuta; ma l'assenza di azione, dell'esercizio del poter essere, equivale in tal caso al negare la propria esistenza. Si mette in atto un meccanismo di difesa: la rimozione inconscia del "fallire". Il fallimento è l'unico limite che il potere può conoscere, per questo lo oscura. Quindi l'ipotesi: se non esistiamo, perché le nostre azioni non hanno un senso in quanto non hanno successo, si costruisce una realtà artificiale, si vive di simulazione; si rappresenta l'uomo come un cyborg, motivo per cui alla solitudine si sostituisce "la compagnia" del pc, del libro, del boy toy e della girl toy, dell'oggetto in genere, che da strumenti per le nostre intuizioni passano ad essere caricati di totemica forza, opponendo all'anacoretismo la vita in piazza, in strada, con altri esseri. La solitudine può essere un momento cairotico, benedetto, solo se si comprende di stare insieme ad altre forme di realtà - gli animali, le piante, il mare, la montagna, le stelle - aumentando e diminuendo i contatti con la macrorealtà del tempo mondano vissuto appunto dall'homo faber. Diversamente l'oggetto diviene per noi l'unica forma che possiamo tenere costantemente sott'occhio modificandola a nostro piacimento ed ottenendo più facilmente i risultati sperati. Ma l'oggetto, la cosa, sembra essere un'altra forma sdoppiata del nostro Io, del tutto in-esistente, un buco nero a tutti gli effetti, che ha bisogno di creare una realtà aliena rispetto a quella ecologica, opponendosi di fatto alla natura della propria essenza, che non vive solo nella progettualità della techne e dell'artificio, ma anche nell'attesa, nella speranza, nel dubbio, nel sentimento, nella non manifestazione, nell'istintività, nell'immaginazione. 

L’oggetto, tale in quanto mentale, non ha un corrispettivo reale, a meno che non si fondi un reale virtuale (i social network, i simbolo della creazione del profilo psicologico su ciò che si pensa di se stessi). Proprio perché tale concetto è strettamente connesso alla parola “privato”, col quale non si indica un sostantivo ma un participio passato. L’attaccamento all’oggetto, il bisogno di possesso, l’istinto di proprietà, sono tutte derivazioni e propaggini teoriche indotte dal sistema della logica scolastica amplificato dal pensiero illuministico, come ben espletato ne La Dialettica dell'Illuminismo da  Adorno e Horkheimer: esso si ripercuote sino ai nostri giorni per mezzo della negazione del carattere d’indeterminatezza degli universali. Curioso potrebbe essere perciò l'aggancio possibile con il correlativo oggettivo: "una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi pronta a trasformarsi nella formula di un'emozione particolare"; che nega dunque le caratteristiche, i confini epistemici, della sfera concettuale dell’oggetto che siamo diventati per noi stessi. I confini inesistenti tra l’oggetto, la cosa in sé, e le varie forme espressive di realtà generano però una barriera logica e proposizionale.
Dalla deduzione all’induzione non si chiarifica l’essenza e ci si reca nella radura dell’ideale: «odioso tutto ciò che mi istruisce soltanto, senza accrescere o vivificare immediatamente la mia attività» (Goethe).

E poi, in quest'ottica, la volontà di possesso sembra coincidere con l'assenza della volontà. Volontariamente si crede di poter cercare il "potere" su un qualsiasi oggetto, ma il potere è indefinito perché è sempre riferito a "x" . Perciò, se l'avere non coincide con il possedere, perché il primo determina il secondo a suo oggetto, il riferimento non ontologico serve solo a determinare un perimetro del pensiero ma non dell'azione teoretica. «Può tracciare il perimetro di questo importante concetto? Del resto i suoi testi insistono sullo spazio come distanza "mentale». Troppo in fretta si pone il corrispettivo oggettivo con l'aggettivo possessivo.

«[…] se l'ideale coincidesse con la realtà, scriveva Croce in pagine forti e acerbe, non ci sarebbe bisogno di distinguere tra ideale e realtà; e il non coincidere con la realtà non toglie all'ideale nulla del suo pregio, né esonera l'uomo dal fare ogni sforzo per raggiungerlo, o, almeno, dal tendere ad esso, e dal sospirarlo». (Zizek) 




Risulta così impossibile pensare il pensiero senza oggetto: impossibile smettere di pensare.  « Ha senso bramare le “cose”, se domani potranno non essere più mie? ». Non è tutto, purtroppo: ciò che noi siamo può passare tramite le azioni che noi compiamo, quindi che senso ha attribuirsi un significato solo per ciò che riconosciamo come un progetto progettato e realizzato, secondo noi, razionalmente? Quale pensiero è razionale, quale no, chi è razionale, chi è folle ? Le fandonie dell'accademia credo siano delle definizioni per correggere il dubbio allo scarto esistenziale. Funziona così il nostro gioco, basatevi sulle nostre regole, altrimenti non state nella realtà.
Ma, come insegna Thomas Kuhn ne La Struttura delle Rivoluzioni Scientifiche non esiste nella teoresi altro che il paradigma, quell'insieme di teorie condivise da un gruppo che ne sottomette un altro per confermare le proprie credenze con esperimenti ad hoc. Non occorre nessun algoritmo di come la scienza debba essere universalmente esatta, se non si vuol ridurre tutta l'esistenza al linguaggio imposto dell'oggetto. Non è una prova a favore del relativismo, certamente, ma della relatività dei saperi. Perché tra relatività e relativismo esiste una sola differenza: l'esperienza vissuta che, in quanto immediata ed autentica per questo, non abbisogna, in determinate condizioni in cui il regno della quantità e della qualità si è affievolito per la rarefazione dell'atmosfera percettiva, di dimostrazioni per assurdo valide per tutti gli esistenti. Si dimostra logicamente solo ciò che si vuol possedere dialetticamente, perché il desiderio di possesso aliena la nostra essenza dal nostro corpo, per delegare un movimento triadico e circolare al fine di "accorgersi" che la proprietà è privazione e la privazione è la morte del Sé. Per questo si ricerca ciò che sfonda le nostre barriere sensoriali: perché ogni stimolo dev'essere più forte del precedente per riuscire a toccarci; così si perde però il gusto del minimale, identificato col mediocre e col banale. Si può esprimere l'esserci in molti modi, e bisogna rendersi conto che ciò che si prova non trova un identico corrispettivo nell'altro: l'empatia verte sempre sullo scarto di esperienza, di sensibilità, di cognizione, e di tutto ciò che nel nostro presente rappresenta un'incognita inconscia e non considerata sul piano razionale.

Non ci si dà pace, per questo in molti e per molti, pensiamo alle relazioni appunto, non esiste la pace. D'altronde l'atto del manifestarsi potrebbe esser dovuto all'aspettativa che dobbiamo mantenere su di noi e l'azione quindi è tale solo se è pubblica, evidente sul piano oggettivo perché sovrasta sulle altre. Arriviamo così dall'ipotesi alla tesi, al sostanziale dubbio iperbolico: siamo impossibili perché in(de)finite sono le nostre possibilità. Si giunge così alle psicopatologie di massa, al culto della persona, al self made man, alla dittatura. Poter essere coincide quindi con l'ansia del divenire un progetto compiuto, quando si è già immersi nel divenire ed il progetto si compie anche senza la nostra consapevolezza. Insensato porre quindi un Ego davanti allo specchio per generare un duplicato attivo, perché la differenza tra l'interiorità e l'esteriorità è mutuata dal fallimento e dal successo dell'azione sul mondo. Quindi, se il successo e il fallimento sono soltanto delle illusioni dello stato umano che si rapporta al mondo con la premeditazione sugli effetti necessari che si otterrebbero dalla sua azione, cosa resta ? Il rapporto frammentario dell'Io col proprio ambiente, con la comunità, e la strenua ricerca del non essere ciò che si è immediatamente, per costruirsi delle infinite possibilità formali basate sul razionalismo e sulla credenza valoriale. Se l'azione “vale” solo se ha quell' effetto che noi vogliamo, si giunge all'idealismo del nostro tempo: la tecnocrazia. E la forza della tecnica proporrei di visualizzarla secondo un’accezione proustiana dell’abitudine, perfettamente consonante a mio avviso al concetto humiano di uniformità della natura, secondo cui «la costanza di un’abitudine è di solito proporzionale alla sua assurdità». Una giusta proposta per la conclusione pare quindi il seguente pensiero, non credete ?

«Guardo spesso indietro nel mio passato e mi dispera il tempo che ho impiegato a trovare questa soluzione. Ho una sola consolazione: quella di dirmi che mai ho potuto usare forme procedenti da vie logiche, ma solo quelle che un interno impulso faceva nascere in me. Mai ho potuto "combinare" una forma: ogni forma voluta mi ripugnava. Quelle di cui mi sono servito nascevano spontaneamente, mi si presentavano già pronte davanti agli occhi, non mi restava che copiarle; oppure si formavano mentre lavoravo e spesso avevano il potere di sorprendermi. Con gli anni appresi a guidare un poco questa forza creatrice. Mi sono esercitato a non lasciarmi semplicemente andare, ma a dirigere e a frenare la forza che opera in me. Con gli anni ho imparato che il lavoro con il batticuore, un senso di oppressione al petto e di angoscia in tutto il corpo, con dolori intercostali, non basta. Può salvare l'artista ma non la sua opera. Il cavallo porta il cavaliere con forza e velocità, ma il cavaliere guida il cavallo. Il talento trascina l'artista con forza e rapidità verso grandi altezze, ma l'artista conduce il suo talento». (Vasilij Kandinskij)




Natale Anastasi

Roberto Ciotti – King of Nothing


Roberto Ciotti – King of Nothing

Album: King of Nothing
Artista: Roberto Ciotti
Genere: Blues, Electric Blues, Soul
Etichetta Discografica: Gala Records (Italia)
Paese: Italia
Data pubblicazione: 1994

Roberto Ciotti è un chitarrista italiano, nasce a Roma nel 1953 e già adolescente si dedica allo studio della chitarra e al blues. Durante la sua carriera ha collaborato con artisti di fama nazionale, come il cantautore napoletano Edoardo Bennato e il sassofonista Maurizio Giammarco, con il quale formò nel 1973, insieme a Sandro Ponzoni al basso, Alfredo Minotti alla batteria e Alvise Sacchi alle percussioni, il gruppo di rock progressivo dei “Blue Morning”, collaborando con artisti di rilevante notorietà come Antonello Venditti e Francesco De Gregori. Dopo la breve esperienza con il gruppo, Ciotti continua a fare musica e prosegue la sua strada in discesa verso il blues, continuando a produrre e a registrare album come solista dal 1978.
Nel 1994 Roberto Ciotti produce l'album “King of Nothing”, grazie alla preziosa collaborazione dell'etichetta discografica della Gala Records. L'album contiene ben undici tracce,  e venne presentato ufficialmente al pubblico durante il programma “Roxy Bar” su Videomusic nel febbraio del 1995 e, due mesi dopo, in due puntate di “Tribù” su TeleMontecarlo. L'album, come quelli precedenti, contiene buona musica e blues fatto con maturità e passione, un blues in grado di coinvolgere e di mescolarsi con altri generi come il soul e il jazz. La prima traccia è intitolata “Low Down”, un brano in cui la prima cosa che si nota è la  raffinatezza e la maestria di Roberto Ciotti negli arpeggi e negli assoli con la chitarra. Un aggettivo? Travolgente. La seconda traccia è “King of Nothing”, brano già utilizzato come colonna sonora del film di Lucio Lunerti “Il tempo del ritorno”; si tratta di un brano accattivante dove gli assoli di sax si fanno ben sentire. La terza traccia, “Ordinary Man Blues”, è un brano che trasmette lo stato d'animo del bluesman: sfiducia, l'esser dubbiosi, diffidenza nei confronti di una realtà che non lo convince.  All'interno dell'album troviamo anche una buona cover di uno dei brani più belli di Jimi Hendrix: “Hey Joe”.
Si tratta di un disco pieno di semplicità creativa, di musica semplice e allo stesso tempo coinvolgente, e l'ascoltatore non può non esser entusiasta nell'ascoltare anche gli altri brani (da “Travelin' Man” a “Unlucky Love”, da “Crossroads” a Sexy Mama”, da “The Game”, “One Way Boogie” fino a “Love In Vain”), che lo trasporteranno in un vortice di energia positiva, grazie alla maturità artistica e creativa del chitarrista di Roma. Nonostante la figura di Roberto Ciotti è un po' oscurata a causa della fama internazionale di alcune personalità importanti dello palcoscenico musicale italiano, come Andrea Bocelli, Zucchero, Luciano Pavarotti, Mina, Adriano Celentano e tanti altri ancora, e non avendo gli stessi appoggi che hanno avuto tali artisti, lo si può lo stesso definire un grandissimo artista, nonché uno strepitoso chitarrista. Non lo sottovalutiamo.

Giustino Iezzi

Eolo, dio dei venti

“Tali pensieri volgendo nell'animo acceso la Dea pervenne alla patria dei nembi: 
alle isole Eolie, terre che scuote dei venti Australi il furore. 
Eolo vi regna: in vasto andro domina l'impeto di tempeste sonore e i venti chiude e incatena. Essi con murmure grande fremono irati d'intorno alle chiuse pareti del monte.
Eolo su alta roccia siede tenendo lo scettro e allenta l'urto dell'ira“
Eneide (Libro I) - Virgilio

 Eolo! Venti, spiriti dei morti!
Il mito racconta che i più famosi popoli ellenici discesero da Elleno (stabilitosi in Tessaglia) che sposando Orside generò Eolo, Doro e Suto. Quest’ultimo generò con Creusa, Ione e Acheo. Da qui discesero i popoli ellenici più famosi: Dori, Ioni, Achei ed Eoli.
Eolo, dio dei venti non fu l’Eolo originario, figlio di Elleno, ma suo nipote. Per semplificare il tutto ho creato l’albero genealogico.

Eolo (chiamato così per la somiglianza del nonno), figlio di Posidone e Melanippa, che assieme al gemello Beoto furono esposti sul monte Perlio per ordine di Desmonte (padre adottivo di Melanippa) per farli divorare dalle belve; i due pargoli furono salvati da un mandriano. Nell’Icaria intanto, il re Metaponto lamentava della sterilità della moglie Teano. Quest’ultima invocò l’aiuto del mandriano che avevo salvato i due gemelli facendo credere al marito di essere suoi. Ma Teano non fu sterile e partorì anche lei due gemelli, ma di gran lunga più brutti dei due gemelli divini. Teano allora ingelosita, ordinò ai figli naturali di uccidere i fratellastri durante la caccia, simulando un incidente. Ma Eolo e Beoto furono aiutati dal vero padre Posidone uccidendo i gemelli di Teano; quest’ultima si trafisse con un coltello il petto.
Eolo salpò con alcuni compagni nelle sette isole del Mar Tirreno conquistandole, che presero il nome da lui, Isole Eolie. Zeus aveva imprigionato i venti, gli "spiriti dei morti", nell’isola Lipari (la maggiore delle Eolie) perché temeva che se fossero rimasti incontrollati avrebbero potuto spazzare terra e mare. Inizialmente fu Era (moglie di Zeus) a controllarli, ma incaricò Eolo di custodirli. A Lipari costruì la sua dimora, un palazzo ornato da mura di bronzo, vivendo con la moglie Enarete e i suoi dodici figli; costrinse alcuni di questi ad emigrare per aver commesso atti incestuosi, considerata una prerogativa solamente divina.
Il potere di Eolo consisteva nel liberare i venti, secondo il proprio giudizio o quello di un nume. Se voleva scatenare una tempesta, apriva con la sua punta della lancia un varco nella scogliera dell’isola, facendo precipitare i venti all’aperto. Quando arrivò il momento di morire, per la sua straordinaria capacità di poterli dominare, Zeus lo risparmiò dal Tartaro (regno dei defunti) permettendogli di partecipare al banchetto degli Dei.

Francesco Conti

martedì 20 novembre 2012

I neoconservatori americani: storia, ideologia e manipolazione del consenso




”Al futuro o al passato, a un tempo in cui il pensiero sia libero, gli uomini siano gli uni diversi dagli altri e non vivano in solitudine… a un tempo in cui la verità esista e non sia possibile disfare ciò che è stato fatto: Dall’età dell’uniformità, dall’età della solitudine, dall’età del Grande Fratello, dall’età del bispensiero… Salve!’  George Orwell
Nota introduttiva
Per rendere più agevole la lettura di questo saggio ho deciso di dividerlo in tre parte comprendenti tre distinte aree di analisi:
Prima parte: Par. 1-4 (le basi filosofiche delle destre neo-conservatrici)
Seconda parte: Par. 6-9 (la teoria politica, e il concetto di totalitarismo)
Terza parte: Par. 10-11 (alcune differenze con la sinistra liberale)
1. Per comprendere l’attuale conflitto in atto, che vede impegnati Stati imperialistici – da un lato – e Stati indipendenti e rivoluzionari – dall’altro – è necessario uno studio sistematico sulle principali correnti della destra americana. In questo articolo prenderò in esame la destra dei neoconservatori per poi completare il discorso con un cenno finale alle, così dette, rivoluzioni colorate. Per prima cosa cercherò di chiarire che cosa è stato (e cosa è) il neoconservatorismo, cosa di per sé, molto difficile.
2. Come disse, uno dei principali esponenti della destra neoconservatrice, Irving Krinstol, ex intellettuale di sinistra, il prefisso ‘’neo’’ indica una novità, dato che molti neoconservatori erano in passato  liberal o attivisti nella ‘’Nuova sinistra’’.
Volendo dare una definizione rapida il neoconservatorismo è una dottrina politica che avversa lo stato sociale a favore della privatizzazione selvaggia delle risorse e addirittura degli Stati; una ideologia violentemente anticomunista, e in politica estera è contrassegnata da un forte occidentalismo. Tutte cose che approfondirò a breve.
Parto, quindi, dalle origini storiche del movimento.
3. Uno dei primi teorici del controllo mediatico delle masse è stato il comunista Willi Munzenberg il quale costruì una sorta di ‘’impero’’ mediatico.
Questo teorico del movimento operaio fece una grande propaganda a difesa della Rivoluzione d’ottobre, denunciò l’assassinio di Sacco e Vanzetti, fece il possibile per far ricadere la colpa dell’incendio del Parlamento tedesco sui nazisti, insomma tutte cose molto nobili che richiederebbero uno studio a parte.
Munzenberg, anticipando Orwell e la neo-lingua, convinse buona parte dell’opinione pubblica che l’incendio del Parlamento era opera dei nazisti, accusando questi ultimi, e quindi rispondendo ad una accusa con una accusa.
Ma il vero merito di questo teorico è quello di aver compreso la necessità di avere dalla propria parte gli intellettuali, i quali, vanitosi e bramosi di gloria, si fanno tenere sotto controllo con il denaro e le lusinghe.
Un altro teorico di questa materia è Edward Bernays, nipote di Freud, che scrisse un manuale intitolato Propaganda, ed il titolo del primo capitolo è rivelatore: Organizzare il caos.
Manipolando il consenso, creando un senso comune fasullo, si crea un governo invisibile, e si dirigono le forze di classe a sbattere contro un muro; queste cose saranno alla base della Operazione Chaos, e della strategia delle Commissione Trilaterale molti anni dopo.
Bernays nel 1947, quando negli Usa iniziava la caccia alla streghe del maccartismo, pubblicò un altro libro  La costruzione del consenso, poi preso in esame da Chomsky che spiegò come la psicologia sia fondamentale, per dare alle masse un nemico falso.
Un altro punto centrale degli studi, contrapposti politicamente, di Munzenberg e Bernays, è la figura del capo come punto di riferimento per le masse allo sbando: tutte cose di grande importanza trattate in letteratura da Thomas Mass, Elias Canetti, ed aggiungerei anche Brecht ed Orwell.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale molte tecniche adottate dal dirigente comunista tedesco furono utilizzate dagli Usa. Frances Stonor Saunders nel libro Chi conduce la danza? La CIA e la guerra fredda culturale spiega l’operazione che portò la CIA a finanziare molti intellettuali anticomunisti.
Ciò che interessava agli Usa – e questo è importantissimo – erano i comunisti antistalinisti i quali avevano collaborato con Munzenberg, ed avevano smesso di sostenere l’Urss dopo il ‘’patto di non aggressione’’ del 1939. Inoltre gli strateghi del Pentagono facevano leva, per ciò che attiene sempre ai comunisti anti-sovietici, sull’elemento della disillusione; se un militante sostiene delle idee radicali e prive di contatto con la realtà (o meglio con i movimenti che davvero combattono l’imperialismo), una volta che abbandona queste idee tende sempre a passare dall’altra parte. Questo i teorici della destra americana lo sapevano bene.
Gli anticomunisti liberali non avevano bisogno di essere fomentati, e quindi bisognava guardare a molti ex-trotskisti. Non è un caso che gente come Irving Kristol, James Burnham, Sidney Hook, e Lionel Trilling, siano passati dalla parte dell’imperialismo yankee.
Gli strateghi a stelle e strisce cercarono di dare a questi intellettuali l’immagine che la loro fosse una terra aperta al dibattito dove le forme artistiche trovavano una libera espressione; al realismo socialista, che in realtà era lo zdanovismo, fu contrapposto, giusto per citare un esempio, l’espressionismo.
Nel 1954 la CIA finanziò un festival della musica a Roma dove vennero esaltati stili musicali nuovi ed esenti da ortodossie musicali. Un ulteriore esempio è il pittore Jackson Pollock, ex comunista, che passo dalla parte del Condor ‘’garante di libertà’’.
All’inizio degli anni ’50 l’Ufficio di Strategia Psicologica della CIA dà la direttiva di esportare in tutto il mondo gli ideali di libertà su cui si fonda la terra del Condor; vediamo che si gettano le basi, che caratterizzeranno il nuovo mondo unipolare, e il carattere messianico dell’impero yankee.
Secondo Donald Jameson la CIA deve ristudiare (e ha ristudiato e studia) la teoria di Gramsci sull’egemonia culturale; quindi le classi dominanti devono guadagnarsi il consenso attraverso la persuasione, egemonizzando culturalmente, ed eticamente le masse.
E’ necessario creare movimenti popolari gonfi di ‘’falsa coscienza’’ borghese per poi rivolgerle contro un falso nemico, fargli vivere una astrazione; questo, e i recenti avvenimenti lo dimostrano, è reso più facile da internet, e la presenza dei social network.
Abbiamo elementi sufficienti per iniziare a tirare le prime conclusioni importanti.
Quindi le borghesie imperialistiche hanno utilizzato tutti gli strumenti del movimento operaio, hanno rapinato la classe operaia delle armi che le sue avanguardie avevano creato. Nulla da eccepire, in fondo la borghesia nasce, anche essa, come classe rivoluzionaria. Provo ad andare oltre.
Joe Hill, militante dell’ Industrial Workers of the World il sindacato di classe Americano, nel 1912 durante uno sciopero a Lorenzo (Massachusetts) usò la musica come strumento di solidarietà fra lavoratori che provenivano da nazionalità, e quindi parlavano lingue, diverse.
Molti anni dopo, dal 15 agosto al 18 agosto 1969, si tenne il festival di Woodstock che documenti inoppugnabili dimostrano che è stato voluto dalla CIA come parte integrante dell ’Operazione MK ULTRA.
La cultura hippy non ha solo distrutto, a dispetto di quello che pensano tanti cretini che giocano a fare i rivoluzionari, il movimento operaio americano, ma è stata il trampolino di lancio, penso a quel mare di letame della liberalizzazione dei costumi, per una nuova fase del capitalismo ultra-liberistica.
Il Progetto MK ULTRA consiste in usa serie di attività svolte dalla CIA, negli anni ’50 e ’60, per controllare il comportamento di determinate persone; ci sono ottime prove, che dimostrano che l’ingegneria del suono del Festival di Woodstock, potesse, in qualche modo, portare al condizionamento mentale.
Molto bene, e partendo da questo drammatico scenario, che dobbiamo iniziare ad analizzare, le basi filosofiche dei neoconservatori.
4. Sono entrato nella fase più ‘’calda’’ della argomentazione: cercherò di inquadrare il pensiero filosofico di Leo Strauss il precursore del neo-conservatorismo.
Il pensiero politico di Strauss rielabora la categoria amico-nemico di Carl Schmitt. Schmitt, nel saggioIl custode della Costituzione, rinviene nell’articolo 48 della Costituzione tedesca il potere da parte dello stato sovrano di sospendere la Costituzione stessa, e in vista di una minaccia esterna proclamare lo stato di eccezione.
Nel 1933 il giurista tedesco aiutò Strauss ad avere una borsa di studio allaRockefeller Foundation, e i due rimasero in continui rapporti anche dopo la presa del potere dei nazisti.
Le teorie di Schmitt, accompagnate alla filosofia di Strauss, ebbero fortuna durante la guerra fredda; furono la ‘’sovrastruttura politica” della teoria economica della scuola di Chicago, una vera bomba per le classi sociali più deboli.
Il nemico esterno da abbattere era il comunismo, demonizzato attraverso l’utilizzo dei media, e della loro demoniaca neo-lingua.
Strauss era un ateo devoto: insomma, Dio non esiste ma la chiesa e la religione sono fondamentali per moralizzare le masse tenendole buone in un angolo; insomma non farle partecipare attivamente alla vita politica.
Questo bel personaggio, percorrendo la strada del nichilismo filosofo del pre-nazista Nietzsche, ritiene che solo pochi eletti possono sapere la verità, ed il popolaccio è bene che si faccia da parte. Non è un caso che Strauss violenti il passo di Platone ‘’sulla nobile menzogna’’, e non è casuale (ma guarda un po’) che questa interpretazione verrà ritenuta valida, in Introduzione alla lettura di Hegel, dal suo amico (ed agente del Kgb in Francia) Alexandre Kojève.
Io penso che ci siano forti collegamenti con la teologia dell’Opus Dei che si fonda sul principio calvinista della depravazione totale dell’uomo; gli uomini sono delle belve e hanno bisogno di essere domati dalle elite, i popoli sono belligeranti e allora hanno bisogno (ecco che torna il carattere messianico dell’impero!) di essere guidati dagli Stati Uniti d’America (il popolo eletto da Dio ovvero l’imperialismo più forte).
Per concludere Strauss riprende la figura di Callicle, sinistro protagonista di Il Gorgia di Platone, che piaceva molto anche a Nietzsche; Callicle credeva solo nell’utilizzo cieco del potere a discapito dei più deboli.
Il cristianesimo viene fatto coincidere con l’occidentalismo, ma anche questa concezione filosofica di base è a dir poco orripilante. Aristotele, nella sua Logica, che sarà alla base della filosofia ellenica, riprende gran parte della filosofia orientale. Insomma le destre americane si fondano, solo, su un grande costrutto ideologico volto a giustificare le loro guerre imperialistiche.
5. Chiuso il capitolo su Leo Strauss mi occuperò del rapporto fra cattolicesimo (o se si vuole ateismo devoto) e capitalismo.
Già Rafael Termes, membro dell’Opus Dei, ‘’filosofo’’ ed industriale, fondatore nel 1958 in Spagna della IESA Business School, disse che il capitalismo rappresenta la vera volontà divina.
Il filo nero che collega la teologia calvinista a Max Weber, smascherato senza pietà dall’immenso filosofo marxista Gyorgy Lukàcs in La distruzione della ragione, e che da Max Weber porta all’Opus Dei e a neoconservatori come Rafael Termes e Michael Novak, è davvero drammatico. Ancora una volta proverò a cogliere la radice del problema.
Intanto devo dire che il metodo weberiano, denominato metodo dell’isolamento atomistico, è riduttivo perchè circoscrive l’origine del capitalismo ai soli paesi protestanti, ed europei.
Questo riflette l’ambizione degli imperialismi centrali di sottrarsi all’egemonia anglo-americana, e di svolgere un ruolo di primo piano nel nuovo capitalismo globale; tentativo che poi si concretizzerà con il fascismo europeo, e Weber che ”si mette’’ (in modo figurato, intendiamoci) a braccetto con Hitler.
Non è un caso che alcuni anni prima di scrivereL’Etica protestante e lo spirito del capitalismo, Weber avesse denunciato la ‘’polonizzazione’’ del proletariato slesiano, provincia prussiana, accusando i signorotti locali di aver permesso la ‘’sgermanizzazione’’ delle masse.
Senza tirarla per le lunghe, e procedendo in modo schematico, per ‘’il nostro’’ (riferito a Weber) il ‘500 sarà un secolo di grandi svolte quanto al contrario il mercantilismo fonda le sue radici nel Medio Evo tagliato fuori dalla analisi del sociologo in questione. Il nostro ha avuto tutto l’interesse a non fare capire come il pensiero di Lutero e Calvino, trovava origine nella teologia medioevale.
Il rifiuto del razionalismo umanistico di Lutero, infatti, venne ripreso, per filo e per segno, dal teologo fiorentino Dominici e dal suo testo Lucula noctis.
Calvino, al pari di altri teologi del capitalismo come Grozio e Locke, era un giurista.
Parlare di Calvino significa chiarire l’origine della concezione teologica della depravazione totale; cosa non da poco, dato che sarà questa ideologia a mettere a tavola insieme, Karol Woytila, Pinochet, e ora possiamo invitare a spregio dell’ignobile sinistra ‘’colta” anche Obama.
Il peccato originale di Adamo rende l’uomo indegno della comunione dei beni – dice Calvino -, quindi tutte le cose devono ritornare sotto il dominio di Dio che stabilisce le nuove limitazioni; i diritti alla proprietà privata.
Il pensiero teologico e filosofico di Calvino è sintetizzato nel testo Istituzione della religione cristiana del 1559 dove ci sono ampie parti dedicate all’azione sociale della Chiesa; è interessante notare che l’oscurantismo teologico spesso pone soluzioni politiche laiche soprattutto per ciò che riguarda il condizionamento dei lavoratori.
Tutta questa produzione ha un grande filo conduttore: quello di tagliare con il Medio Evo, e proclamare il ‘500 come secolo custode, in virtù della Riforma protestante, dello ‘’spirito del capitalismo”. E’ facile capire come questa affermazione sia falsa dato che i fondamenti giuridici dell’attuale modello sociale risiedono nella Scuola di Bologna che nasce nel 1200 (circa!), e la legalizzazione dell’usura è solo del 1515 ( quasi in rapporto di causa ed effetto) con i Monti di pietà di papa Leone X.
I ‘’Monti di pietà’’ legalizzano, sulla strada tracciata in giurisprudenza dalla Scuola di Bologna, prestiti a chi non riesce a reggere il mercato.
Questa è la matrice ideologica della destra americana.
6. Le borghesie americane hanno creato, quella che il filosofo Costanzo Preve, ha definito una ideocrazia; non si è mai vista una società tanto ideologicizzata, in cui nazione ed ideologia coincidono perfettamente. Insomma siamo davanti ad una religione civile; schiere di preti militanti che predicano il culto del Dio denaro.
Mi permetto di citare Gramsci:
‘’L’Azione cattolica segna l’inizio di una epoca nuova nella storia della religione cattolica: quando essa da concezione totalitaria (nel duplice senso: che era una totale concezione del mondo di una società nel suo totale) diventa parziale (anche nel duplice senso) e deve avere un proprio partito. I diversi ordini religiosi rappresentano la reazione della Chiesa (comunità dei fedeli o comunità del clero), dall’alto o dal basso, contro le disgregazioni parziali della concezione del mondo (eresie, scismi, ecc., e anche la degenerazione delle gerarchie); l’Azione cattolica rappresenta la reazione contro l’apostasia di intere masse, imponente, cioè contro il superamento di massa della concezione religiosa del mondo. Non è più la Chiesa che fissa il terreno e i mezzi della lotta; essa invece deve accettare il terreno impostole dagli avversari o dall’indifferenza e servirsi di armi prese a prestito dall’arsenale dei suoi avversari (l’organizzazione politica di massa). La Chiesa, cioè, è sulla difensiva, ha perduto l’autonomia dei movimenti e delle iniziative, non è più una forza ideologica mondiale, ma solo una forza subalterna’’.
Ed ancora:
‘’Diverso carattere ha avuto questa lotta nei diversi periodi storici. Nella fase moderna, essa è una lotta per l’egemonia nell’educazione popolare; almeno questo è il tratto più caratteristico, cui tutti gli altri sono subordinati. Quindi è lotta tra due categorie di intellettuali, lotta per subordinare il clero, come tipica categoria di intellettuali, alle direttive dello Stato, cioè della classe dominante (libertà dell’insegnamento – organizzazioni giovanili – organizzazioni femminili – organizzazioni professionali)’’.
Il grande sardo definì il clero una classe-castache dispone di una propria ideologia, e che esercita una sua egemonia culturale.
L’americanismo ha annullato il contrasto fra clero ed intellettuali laici; utilizzando il metodo marxista ragionerò un po’ su questa cosa.
In primis ribadisco che quando il capitalismo entra in crisi la borghesia deve ripudiare tutti i suoi vecchi ideali razionalistici e libertari, ed usare le armi del suo vecchio nemico: l’aristocrazia. La filosofia, come concezione del mondo dei dominanti, si fa, per dirla con Lukàcs, ‘’guardia frontiera’’ della reazione.
Pierre Naville, uno degli ultimi giganti del marxismo novecentesco, parlando nel suo ultimo quaderno di Khomeini che minacciò la condanna a morte di Rushdie, l’autore dei ‘’Versi satanici’’, dice:
‘’Da quel che si legge nei giornali si tratta di una visione satanica che travalica l’Islam e si estende in tutto il mondo attuale. Un satanismo impregnato della tecnologia moderna (l’angelo Gabriele che atterra col paracadute), il che, in effetti, dà al libro una portata universale. Allora, non è solo il Corano ad essere in gioco, ma anche la Bibbia, compresa quella anglicana. Non so perché questo libro mi ricorda il dizionario Khazar. Queste due opere esibiscono gli abissi mistici, pozzi di interi furori, che suscitano le odierne invenzioni terrestri. Non si tratta solo di un ritorno delle religioni alla testa dei paesi più sviluppati, ma di una vera mistica del potere che ricorda Bisanzio’’.
Tutto il capitalismo globale nella fase della sua decadenza assume un carattere mistico cosa che ha favorito l’integrazione del clero nelle istituzioni politiche; la particolarità è che l’imperialismo americano (cosa che si evince dai discorsi dei suoi presidenti) ha avuto (ed ancora ha!), in quanto imperialismo più forte, addirittura un carattere messianico.
Chi vince militarmente un conflitto non solo impone la sua economia, ma a poco a poco modifica tutta la sua sovrastruttura imponendo un nuovo sistema di valori; l’egemonia culturale è preceduta dalla egemonia informativa, e l’egemonia informativa implica il controllo dei ‘’mezzi di produzione del pensiero’’.
Chi non capisce questo non può fare una seria analisi del mondo unipolare, e non capirà nemmeno l’attuale scontro fra poli imperialistici.
8. Nel 1954 W.H. Morris Jones scrive un saggio In difesa dell’apatia, parlando di un suo ruolo benefico per le democrazie liberali. La stessa cosa verrà esposta sia nel Memorandum di Lewis Powell, che nel documento La crisi della democraziacurato da Huntington, Crozier, e Watanuki; riporto qualche valida citazione per far capire al lettore come ragiona il vero Potere.
‘’ Il business deve imparare le lezioni messe in pratica dal mondo dei lavoratori, cioè che il potere politico è indispensabile, che deve essere coltivato con assiduità, e usato in modo aggressivo se necessario, senza imbarazzo’’. (Lewis Powell)
A conferma di quando dicevo: la borghesia si è appropriata di tutte le armi delle avanguardie politiche, e dei teorici della classe operaia.
Prendo adesso il documento ‘’La crisi della democrazia’’; questa frase mette davvero i brividi:
‘’ I partiti comunisti hanno perso terreno quasi ovunque nell’Europa occidentale. La loro ideologia è sbiadita, e appare come una Chiesa omologata il cui carisma è in parte scomparso. Perché mai partiti così sedati e moderati dovrebbero costituire una minaccia alla democrazia proprio quando ne rispettano le fondamenta?’’.
La democrazia con l’adozione del modello capitalistico manageriale viene svuotata di contenuto; la partecipazione doveva diventare (ed è diventata!) vana da tutti i punti di vista.
Da una parte, quindi, la classe operaia viene assorbita culturalmente nel ceto medio e dall’altra, anche se gli effetti si vedranno qualche anno dopo, abbiamo l’occidentalizzazione delle mezze classi nelle periferie dell’imperialismo yankee.
I media svolgono una funzione importantissima: nasce l’idea dell’uomo comune, l’uomo onesto e simpatico, a prescindere che sia un ”morto di fame” o un manager in carriera con il sangue agli occhi..
Ovviamente l’uomo medio ha bisogno di identificarsi nel capo, e allora ci rendiamo conto di come i processi sociali, di volta in volta, abbiano dato alle classi dominanti l’uomo giusto per le loro esigenze, da Reagan ad Obama.
Chomsky, che è un esperto di scienze della comunicazione, arriverà a queste conclusioni:
‘’Voglio sottolineare ancora una volta che quando le società si democraticizzano e la coercizione smette di essere uno strumento di controllo e di emarginazione facile da mettere in opera, le elite si rivolgono naturalmente alla propaganda. Si tratta di un fenomeno non soltanto naturale, ma del tutto consapevole, apertamente analizzato nelle opere scientifiche o meno che preconizzano l’uso della propaganda”.

La gente in questo modo viene travolta dalla banalizzazione della vita in comunità; nel capitalismo manageriale la stupidità diventa un fenomeno sociale.
Le macchine dell’indottrinamento si fondano, prima di tutto, con dei ”non concetti”. In questa sede ne analizzerò solo tre: totalitarismo, democrazia profonda e non violenza.
9. Il libro della incredibilmente sopravvalutata maestrina di scuola media Hannah Arendt Le origini del totalitarismo (1951), non ha nulla di originale, e tali argomentazioni furono avanzate in precedenza da teorici socialdemocratici come Rudolf Hilferding di ben altra levatura intellettuale.
Secondo la Arendt stalinismo e nazismo convergono in quanto fanno capo a due società altamente ideologicizzate; alla luce delle riflessioni su fatte, questa posizione appare del tutto risibile.
In realtà l’allieva di Heidegger, con tutti i suoi limiti, rinviene nella Nep la distinzione fra leninismo e stalinismo, e ben si guarda con il far coincidere marxismo e totalitarismo.
Nel 1956 Brzezinsky pubblica Dittatura totalitaria e autocrazia, dove, aggravando gli errori della Arendt, proclama il comunismo come unico vero regime totalitario.
In ‘’L’origine del totalitarismo’’, in cui i critici di sinistra hanno subito messo in evidenza la contrapposizione ideologica fra i due regimi che rende impossibile la convergenza, il fatto economico scompare, cioè non si tiene conto della diversa struttura economica e sociale di Urss, e paesi fascisti. Prima di smontare le testi di Brzezinsky ribadirò una cosa di vitale importanza.
Furono le oligarchie economiche a mettere al potere Hitler per difendersi dal movimento operaio, e coprire gli scandali finanziari, evasione fiscale classico reato borghese, che avevano travolto gli junker.
Questa cosa mette in imbarazzo il mondo liberale, perché tenendo questo tenore di argomentazione, potremmo dire che un domani le borghesie, per proteggersi dalle rivendicazioni delle classi più deboli, non avrebbero problemi ad affidarsi ad un regime simile al fascismo.
Lukàcs ammonì, del resto, l’allievo Hofmann proprio su ciò: ogni epoca ha una differente involuzione del capitale monopolistico, e l’attuale democrazia manipolata ha dei caratteri totalizzanti che non fanno invidia alla mistica fascista.
Brzezinsky, nel suo bollettino politico, dice che è totalitario qualsiasi regime che centralizza l’economia; sulla nera via di Hayek, la democrazia viene fatta coincidere con il mercato. Ingegnoso espediente per iniziare la ‘’strategia del contenimento’’ contro i paesi dell’Est.
Le parole come vedete assumono una valenza importantissima: i neoconservatori parlano di pluralismo ideologico, ma in realtà, ed ogni termine si rovescia nel suo contrario, alludono alle ragioni del santo mercato. Ecco che la terra della libertà di impresa, ora nel nome dello ‘’scontro di civiltà’’, inizia e porta avanti la sua guerra contro chi non privatizza. 
10. L’ultima parte di questo mio lavoro riguarda altri due ’non concetti’’: quello di democrazia profonda, e quello di non violenza.
Un marxista sa, ed è bene introdurre il discorso in questo modo, che la democrazia non è un valore immanente, e le borghesie ne fanno a meno quando non riescono a gestire il conflitto di classe.
E’ stato così, che gli Usa, per combattere il ‘’nemico’’ sovietico, hanno impedito la nascita di stati nazionali indipendenti, appoggiandosi a giunte militari a loro asservite; oppure, hanno cinicamente riciclato quadri dei servizi segreti fascisti. Niente da dire, la morale dell’imperialismo è ‘’niente di ciò che è disumano mi è estraneo’’.
Vinta la guerra fredda la situazione è iniziata a cambiare, vediamo in che maniera.
Nel 1993 viene fondata a Berlino da Peter Eigen Transparency International, ma la nascita di questa organizzazione, per essere preciso, segue queste tre fasi: 1)  la fase di incubazione che va dall’ ’84 all’ ’89; 2) la fase organizzativa che va dall’ ’89 al ’93; 3) e poi abbiamo la nascita ufficiale nel 1993.
La fondazione di T.I. è stata promossa da delle consultazioni inter-religiose, fra Filippo Duca di Edimburgo, e i principali esponenti delle tre religioni monoteiste; il loro compito era quello di moralizzare l’economia attraverso organi moralizzatori come la Banca Mondiale del Commercio. In questo modo si dà inizio alla lotta contro la corruzione dei governi; facile a dirsi, questo è un aspetto di facciata, e con la neo-lingua tutto si rovescia (e lo ripeterò sempre!) nel suo contrario. Meglio chiarire questi concetti, che sono un po’ difficili.
Le masse, che non devono più partecipare alla vita pubblica, sono un presupposto fondamentale per la liquefazione dei vecchi stati nazionali, che in un modo o nell’altro, si basavano sul primato dei governi, e su una distinzione, seppur effimera, fra gli schieramenti politici.
Il passaggio ai blocchi imperialistici continentali, anche se è ancora un processo in atto, richiede la definitiva scomparsa dei confini nazionali; in termini marxisti, da una parte abbiamo la tendenza delle borghesie, o di una parte di esse ad internazionalizzarsi, e dall’altra, il continuo ricorso ai regionalismi per compromettere l’unità di classe.
L’imperialismo per fare ciò si appoggia a movimenti politici di carattere puramente massonico (assumendo l’analisi che Gramsci fa del rotarismo nel Quaderno 22), come, giusto per fare un esempio, la Lega Nord (di cui fanno parte molti ideologici di formazione neo-conservatrice a partire dall’ideologo Gianfranco Miglio), o il Movimento dei federalisti europei (fondato dal massone Altiero Spinelli). Non è un caso che la prima esponente di T.I. in Italia è stata Teresa Brassiolo, consigliere comunale della Lega Nord a Milano.
Mettendo da parte questi problemi che meriterebbero un saggio a parte, è bene che richiami l’attenzione del lettore sul nuovo concetto di democrazia: per Eigen dovevano essere gli organi moralizzatori (Banca mondiale del commercio, o Fondo monetario internazionale) a screditare la vittima, ridurla in miseria, e attraverso l’attività dei media, travolgerla dagli scandali.
Di contro è importante che si comprenda che la mafiosità non è una disfunzione della democrazia borghese, ma è una sua parte integrante soprattutto nella fase di decadenza capitalistica.
Bertolt Brecht in La resistibile ascesa di Arturo Ui,scritto fra il 1940-’41, descrive la presa del potere di Hitler come una tratta fra mafiosi al mercato ortofrutticolo; non è il politico corrotto, ma è tutto il capitalismo che genera mafiosità.
La nuova arma della borghesia è questa: movimenti popolari che, ed ecco il rovescio della medaglia rispetto alle squadracce fasciste, in modo non violento rivendicano una democrazia profonda, e legalitaria.
Molto bene, l’ultimo ‘’non concetto’’ su cui dirò qualcosa è la ‘’non violenza’’.
11. Sulla ‘’violenza’’ e il suo presunto rovescio la ‘’non violenza” inizierò (per l’ennesima volta, a costo di essere ripetitivo!) col ribadire la posizione dei marxisti.
La questione per chi ‘’balla con Lenin’’ è semplicissima: l’unica vera violenza è la violenza sistematica della accumulazione capitalistica, il resto non conta.
I comunisti non si curano delle forme politiche, e quindi non riducono tutto allo scontro fra dittatura e democrazia, ma prendono in esame le basi sociali dei regimi, e le loro strutture economiche e sociali.
Assurdo quindi accettare il concetto di democrazia proposto dai dominanti, e la loro ‘’non violenza’’, che diventa, come tutti i ‘’non concetti’’, il suo contrario.
Il filosofo americano Gene Sharp nel 1983 fonda l’Istituto Albert Einstein, dove studia la ‘’non violenza’’, per risolvere i conflittii in tutto il mondo.
Ovviamente Sharp prende di mira gli stati canaglia che non rientrano nel ‘’cortile di casa’’ Usa.
I suoi testi tradotti in Italiano sono Politica dell’azione non violenta, Verso una Europa inconquistabile e La via della non violenza.
A Sharp è attribuibile il fenomeno delle Rivoluzioni Colorate; l’imperialismo più forte (vediamo come i neoconservatori in parte hanno cambiato tattica) unendo fattori destabilizzanti interni ed esterni, rovesciano governi a loro avversi. Prove documentali rendono forte l’ipotesi che gli eventi di Piazza Tien An Men siano i primi tentativi di sperimentare tali azioni, che poi (basta pensare alla Georgia, all’Ucraina, o all’Iran) sono diventati una prassi per i condor a stelle e strisce.
Inoltre questi movimenti hanno dietro tutto un marketing politico: dagli slogan, al colore che rappresenta la ‘’rivoluzione’’; buttiamola così, la ‘’società dello spettacolo’’ di Debord, all’ennesima potenza.
Sono questi i due volti dell’azione politica dei neoconservatori americani: da una parte la guerra di civiltà contro un sanguinario dittatore (l’hitlerizzazione del nemico inizia con Nasser, e ci sembrava strano!), e quindi lo scontro armato presentato come missione umanitaria (vedi la guerra in Iraq), e dall’altra il movimento pacifico che chiede democrazia. Due facce delle stessa medaglia, dietro cui si allunga l’ombra della svastica.
 Note:
1)    Antonio Gramsci ‘’Il Vaticano e l’Italia’’ Ed. Riuniti 1974 pag. 49
2)    Antonio Gramsci ‘’Il Vaticano e l’Italia’’ Ed. Riuniti 1974 pag. 58
3)    Pierre Naville ‘’Ricordi e pensieri. L’ultimo quaderno (1988-1993)’’ Ed. Massari 2010 pag.40
4)    Noam Chomsky ‘’Due ore di lucidità’’ Ed. Baldini&Castoldi 1999 pag. 20
Siti consultati:
1)    http://www.kelebekler.com/caimani/articoli.htm
2)   http://www.webalice.it/mario.gangarossa/sottolebandieredelmarxismo_dossier/2010_01_john-laughland_la-tecnica-del-colpo-di-stato-colorato.htm#testo 
3)    http://sitoaurora.splinder.com/post/21164506/Mani+Pulite

Stefano Zecchinelli