martedì 20 novembre 2012

Sull’ Ambivalenza di Apollo



Dall’ Arte Antica e da Nietzsche ci viene tramandata un’ immagine gloriosa e di quieta maestà dell’Olimpico Apollo.
Ma là, ove c’è Luce, si trova sempre il buio più profondo [Deus est tenebra in anima post omnem lucem relicta] . Si dimentica spesso di considerare ogni aspetto della sua Divinità.
Entriamo nella Tenebra.
L’Apollineo si manifesta principalmente nelle arti, nella poesia, nella musica e nella regale stasi dello stile Dorico (è una delle principali Divinità del pantheon di questo popolo indoeuropeo): ma le sue epifanie possono avvenire in modi che non ricalcano lo stereotipo a noi tramandato; un esempio viene dato da Omero nel primo libro dell’Iliade:
“al santo Apollo di Latòna figliol, fe’ questo prego: “Dio dall’arco d’argento, o tu che Crisa proteggi e l’alma Cilla, e sei di Tènedo possente imperador, Smintèo, deh! m’odi: se di serti devoti unqua il leggiadro tuo delùbro adornai: se di giovenchi e di caprette io t’arsi i fianchi opimi, questo vòto m’adempi: il pianto mio paghino i Greci per le tue saette”.
Sì disse, orando. L’udì Febo, e scese dalle cime dell’Olimpo in gran disdegno coll’arco sulle spalle, e la faretra tutta chiusa. Mettéan le frecce orrendo su gli òmeri all’irato un tintinnio, al mutar de’ gran passi; ed ei, simile a fosca notte, giù venìa. Piantossi delle navi al cospetto: indi uno strale liberò dalla corda, ed un ronzio terribile mandò l’arco d’argento. Prima i giumenti e i presti veltri assalse, poi le schiere a ferir prese, vibrando le mortifere punte; onde per tutto degli esànimi corpi ardean le pire.” (Iliade, Libro I, versi 45-68).
Ma facciamo un passo indietro per far si che questo passo, assieme ad altri non stonino con la bellezza plastica di Apollo.
Conosciamo tutti i miti greci sui vari Eroi e sulle varie Divinità, miti tramandati attraverso il tempo (fissiamo un punto: il mito non è una favola, né, come spesso si dice, una spiegazione pre-scientifica del mondo; il Mito è il residuo di una Sapienza perduta, un Simbolo della più alta Realtà): quello riguardante Apollo, significativo del caso qui esposto è quello che gli guadagnò gli epiteti di Aphetoros (dio dell’arco) e Argurotoxos (dio dall’arco d’argento),oltre che altri a questo legato . E’ il Mito dell’uccisione di Pitone, il drago che circondava Delfi: il drago, come la serpe, in varie tradizione, specie in quella nordica (è il caso dello Jörmungandr o Serpente del Mondo) , ma anche in altre, rappresenta gli influssi negativi della Terra (non per niente Pitone è figlio di Gea, uno degli dei primordiali della Grecia pre-indoeuropea). Legato a questo epiteto v’è quello di Coelispex, in quanto, nella stessa Delfi fu dedicato ad Apollo l’Oracolo omonimo, considerato nell’età antica “Centro del Mondo”.
Questo è solo una delle possibili spiegazioni: ma per non sembrare deboli appoggiandoci alla sola tradizione mitica greco-romana, ci spostiamo in tre diverse zone “tradizionali”: L’India, l’area celtica, e il medio -oriente.
Area Celtica: i celti avevano come Divinità della caccia Karneios o Cernunnos, Signore della Natura per eccellenza: Questo Dio-cervo, fu assimilato ai tempi della conquista romana ad Apollo: gli storici lo tramando con nome di Apollon Karneios; questa assimilazione è dovuta al titolo di Lycoctonus, o uccisore di Lupi: questo titolo assieme a quello di dio dell’arco rendono pienamente l’assimilazione tra i due; potrebbe sembrare ovvia come conclusione, ma come rafforzamento aggiungiamo che il nome “Karneios” è intimamente legato a quello di Apollo per via dell’epiteto Coelispex, o scrutatore del Cielo: la radice del Nome del Dio celtico è KRN, la stessa che in greco forma Keraunos (il fulmine) e in latino Cornu e Corona: questa radice è espressione di potenza (Le corna dei buoi lo sono), di regalità (la Corona) e di potere divino
(il Fulmine, che tra l’altro colpisce solo le vette elevate), e questo fa si che l’elevazione e la capacità oracolare accomuni queste (apparenti) due divinità siano invero una sola.
Medio -oriente: per ritornare sull’aspetto distruttivo del Dio Apollo, citerò un passo dall’Apocalisse di Giovanni di Patmos: “E aveano come re sopra di loro l’angelo dell’abisso, il cui nome in ebraico è Abaddon, e in greco Apollion” (Apocalisse ,IX, 11). Il nome Apollyon altro non è che il nome greco del Dio per esteso, e trasposto dal greco all’ebraico significa il Distruttore: colui che più in là nel libro (Apocalisse 20:1) prenderà il Serpente e Satana e li getterà nell’Abisso chiudendoli per un periodo di mille anni. L’Analogia tra Pitone e la Serpe biblica è molto significativo.
India: in questa parte del mondo, come in molte altre, il Sole è considerato il Signore della vita, il Rigeneratore, La Conoscenza e il Simbolo della Verità per eccellenza, rappresentato in questa cultura plurimillenaria dall’Aquila o Garuda, l’uccisore dei Naga o serpenti. Ma memori degli aspetti terribili del divino, venne al Sole un secondo simbolo o aspetto: quello dell’Avvoltoio, rappresentante dell’aspetto mortifero e che trova nel buddhismo tibetano lo psicopompo addetto al rito della sepoltura celeste.
Da questa analisi spero di aver reso il più chiaro possibile il legame profondo che unisce vari simboli appartenenti a diverse tradizioni, e di aver ricordato a considerare la totalità degli aspetti di un Dio o si un Simbolo Sacro.

Giovanni Busà

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