Ciao Natale, cosa ti ha
spinto a voler realizzare questo esperimento?
Natale Anastasi
Beh, volevo rendere
interattivi alcuni miei pensieri, facendoli partire però dall'Altro
Fabio Platania
L'Altro sarei io, come un
po' tutti, in questo caso?
Natale Anastasi
Sì, su temi non da me
predisposti, bensì, diciamo, a random
Fabio Platania
Capisco. Ok. Dunque vedo
che già ti predisponi al rapporto "uno/altro" quindi per te in
qualche modo è importante la relazione, il metterti in discussione, sì?
Natale Anastasi
Certo, diciamo che sto
sfruttando l'occasione per capire quali siano le domande interessanti per gli
altri, e quale potenziale possa sgorgare da questo insolito stratagemma. Diversamente avrei scritto un saggio, ma sarebbe stato un discorso tra me e me. E' invece questa una posizione diversa attraverso cui guardarsi intorno
Fabio Platania
Beh in questo senso una
domanda come per esempio: 'sei felice?' fa sempre effetto, non trovi?
Natale Anastasi
Beh, se sono felice..cosa
intendi per felicità ?
Fabio Platania
Un mondo senza noia, una
mente senza noia, e sopratutto un corpo senza noia. Ovviamente tu mi hai
chiesto cosa intendo, se poi mi chiedi come fare, è un altro discorso.
Natale Anastasi
Capito. Beh, diciamo che
io faccio un discorso alla rovescia
Fabio Platania
In che senso?
Natale Anastasi
Partendo dal fatto che
intanto per dirmi felice, dovrei pensare a cosa poter intendere con “felicità”.
Magari, per essere ironici, anche sfruttare qualche citazione di qualche pensatore famoso. Però dal mio
punto di vista reputo che questo sarebbe come aprire un dizionario e cercare
qualche parola ad effetto.
Fabio Platania
Cioè, secondo te, perché
la gente apre dizionari?
Natale Anastasi
Per cercare un linguaggio
per esprimere ciò che si prova, un corrispettivo semantico da riconoscere ogni
volta che si prova la stessa "cosa". In ciò è fondamentale il principio d'identità. Lo vedo come un vizio: quando da
piccoli ci hanno insegnato a parlare le parole, ci hanno secondo me insegnato a
dare una precisa parola per ogni "cosa" o incognita -come la si vuol
chiamare la si chiami- che proviamo. Il che ci porta già all'interno di un
cammino preimpostato, fatto di riconoscimenti e associazioni obbligatorie. Di
conseguenza, con il progressivo arruolamento scolastico, cominciamo a dover
lavorare all'interno di un campo di lavoro in cui viene schematizzato il nostro
modo di approcciarci al mondo. Viene fornito un vocabolario alle nostre sensibilità.
Fabio Platania
L'identità sembra dunque
stare alla base della società stessa come fondamento nel passaggio da una forma
di stato naturale al più noto spazio interamente socializzato ed urbanizzato,
con il quale tutti familiarizziamo.
Natale Anastasi
E quindi iniziamo a dover
camminare all'interno del canale linguistico della parola, del significante e
del significato, in cui per non ripetere sempre gli stessi "geroglifici
muti", ne impariamo sempre di nuovi. Usare sempre gli stessi vocaboli per molteplici fenomeni che si assomigliano pure fra loro, ma che non sembrano identici, genererebbe un'incredibile caos. Quindi sì, per rendere appunto sempre più consonanti gli interlocutori, omofoni,
diciamo, sono stati stabiliti dei canoni, una grammatica di suoni standardizzati in cui muoversi. Parlare con la stessa intonazione, con lo stesso timbro vocalico, e la
stessa meccanica comunicativa. Sembra giocare un ruolo fondamentale il principium individuactionis.
Fabio Platania
Per me il linguaggio è
come un contenitore, per esempio, diciamo che contenga i 'geroglifici muti', 'buongiorno' e 'buondì'; la parola invece sarebbe per esempio l'individuazione,
la scelta e l'uso di "buongiorno" o "buondì" senza
pensarci, cioè una significazione istantaneamente presente per un atto
comunicativo. Quindi io distinguo il linguaggio come l'insieme di codici e
significanti.
Natale Anastasi
Sono d'accordo
Fabio Platania
E la parola come la
significazione presente ovviamente agganciandomi al tuo discorso il linguaggio
Natale Anastasi
E' il manuale di guida (o
di Giuda)
Fabio Platania
E’ un po' un terreno
scivoloso, da dove viene? Dalla memoria? Ma la memoria come funziona? Se
memorizzo parole ben fatte qual'è quella memoria che le produce con immagini
dei miei ricordi ? E tutto questo ove si mescola con il giudizio nel mio
cervello, dove diventa 'parola' ? Il linguaggio per me è ricchissimo è fatto
anche dal corpo anche il corpo memorizza di suo e, per esempio, anche il cuore
ha i suoi neuroni.
Certo che siamo
complessi, perché tutto in noi dice 'presente'?
Natale Anastasi
Allora, procederei per
gradi: intanto, cercherei di porre la metafora della sabbia. Se noi cominciamo
a passare le nostre dita su di essa, verranno a comporsi dei segni. Questi
segni chiaramente possiamo averli fatti perché ci è stato chiesto di farli, e
magari anche di farli in quel modo. Adesso, se questi segni che abbiamo fatto
sono stati realizzati per commissione, perché ci è stato detto che è importante
realizzarli in quanto sono necessari da assimilare per poter stare con gli
altri, noi diamo loro una forma da ricordare, che ripeteremo, allenandoci, per
essere poi "in grado" di poterli utilizzare in svariate situazioni.
Da qui abbiamo la
formazione dei "significanti", le "parole" appunto.
E con il continuo
allenamento e con le continue istruzioni per l'uso di questi geroglifici,
cominciamo a calarci all'interno del linguaggio sociale. Ci sono cose che non appartenevano "a
questo mondo", ma sono state costruite. L'esempio esemplificativo potrebbe
essere, per quanto mi sembra, quello dell'albero e del grattacielo. Il neonato
ed il retore.
Fabio Platania
Cioè? l'albero cresce
spontaneo ed il grattacielo è costruito? il neonato impara spontaneamente ed il
retore costruisce i discorsi?
Natale Anastasi
Ciò che personalmente sta
spingendo la mia riflessione è in sostanza dire che ciò che l'uomo ha costruito
per esigenze e che adesso è appunto la X attraverso cui passano "tutte le
cose che diciamo, visualizziamo e recepiamo" ha diversi strati. Mantenendo
fisso il discorso sul linguaggio verbale, ci sono appunto oltre ad i segni dei
significanti, l'impalcatura dei significati. Ossia, a mio parere, delle parole
di base e delle parole che si sviluppano a partire da esse, che vengono
utilizzate con la possibilità che tra un interlocutore e l'altro vengano intese
"cose" diverse, parole con piani interpretativi variabili da soggetto a soggetto. Proporrei quindi di assumere per quest'intervista un
rigore maggiore nell'uso dei termini che usiamo, in modo da fare un
ragionamento a priori rispetto ai contenuti associativi (es. "è come
..") che possiamo attribuire a questi segni che ci stiamo scrivendo.
Fabio Platania
Ok, "parole di
base", seguendo il nostro discorso, e pensando a ciò che dissi prima mi
suggerisce che tu stia cercando anche qui, all'interno di una stratificazione
linguistica, il senso dell'esser presente della parola. Pertanto vorrei
introdurre due termini distinti: uno è presenza e l'altro è presente.
Dico che essi stanno in
rapporto gerarchico: come la storia contiene le varie epoche la presenza
contiene più presenti e per la mente non è possibile, fintanto che pensa,
andare oltre la presenza e quindi oltre la storia stessa, ma soltanto oltre
tanti e diversi presenti, da qui di epoca in epoca.
Natale Anastasi
Ecco, ciò che hai scritto
adesso è un esempio di ciò che intendo dire prima sulla struttura dei
significanti. L'utilizzo delle X "presenza", "presente",
"mente", "pensa" sono X che fanno riferimento ad altre X
precedenti.
Fabio Platania
La significazione
necessità di un modello di riferimento e pur tuttavia voler risalire ad una
base significherebbe per me tener fermo un significato; la base va oltre il
significato e da qui..sembra un circolo vizioso, come quando si afferma per
esempio che 'il nulla è', ma il nulla è in quanto non-pensabile
Natale Anastasi
"il nulla è solo
nell'essere impensabile": proporrei di lasciare in sospeso per il momento
queste elaborazioni linguistiche. Proporrei di assumere un rigore maggiore.
Fabio Platania
Ma un rigore maggiore per
me significa essere più preciso nei termini che adotto e quindi spiegare al mio
interlocutore perché uso certe parole piuttosto che altre, per me è importante
per esempio distinguere tra il verbo "escludere" ed il verbo "negare"; per te
magari non lo sarà, pazienza.
Natale Anastasi
Più che
"preciso" intendo che si potrebbe usare una parola quanto più
possibile svuotata di X "sottintese". Metto continuamente queste
virgolette per indicare queste X appunto. Le altre non le evidenzio perché,
secondo me, sembrano ai miei occhi "il più possibile non fraintendibili".
Fabio Platania
Ma io non so nemmeno se
queste sottintese ci sono già oppure le creo mentre le trovo dentro la parola
che sto usando, quindi non saprei proprio come fare, mi viene in mente un altro
esempio..
Natale Anastasi
Se tu cominci a lavorare
di associazioni mentali, o mi citi parole come "mente",
"presenza", "non essere", stiamo discutendo, appunto, sempre
in base al modo in cui recepisco questa conversazione, come altro su cui non mi
vorrei addentrare, date le precisazioni di cui sopra. Mi spiego meglio: se usi
la parola memoria io posso intendere questa X in innumerevoli modi. Ce lo
dimostra anche la storia della filosofia. Andiamo invece ancora prima, alla
preistoria.
Fabio Platania
La preistoria non è
pensabile secondo me, come vorrei dire: sarebbe tuttavia una storia. Da qui il
discorso sul nulla.
Natale Anastasi
Andiamo ancora di più al
centro della X: ho usato questa parola "preistoria" e tu mi hai detto
che non è pensabile senza avermi chiesto cosa intendo con questa "X".
Fabio Platania
Cioè come dici tu da un
punto da cui tornare indietro ma andando sempre indietro fino al centro sarebbe
come arrivare davanti una soglia, la prima, dalla quale veniamo per esempio, ma
andare oltre questa soglia significherebbe secondo me non poter tornare
indietro per raccontarlo oppure non poterlo fare. Ci vedo un limite nella
faccenda.
Natale Anastasi
Con la X che chiamo
"preistoria" indico una "X" che è precedente ad altre X, e
con "precedente" indico una "X" da cui si sono praticamente "realizzati" i significati, le declinazioni. La "X" del solo
significante, che non implica quindi il significato. Un segno. Punto.
Riesco a spiegarmi ?
Fabio Platania
Sì
Natale Anastasi
Io partirei da qui
Fabio Platania
Ma questo segno è
intelligente secondo me
Natale Anastasi
Se discutiamo del
"segno", il significante con significato X che gli hai scritto dopo,
ossia "intelligente" va ancora troppo oltre. Mi piacerebbe se
riuscissimo a discutere esclusivamente su "X"
Fabio Platania
Non è possibile secondo
me proprio perché saremo sempre noi a decidere e ridurre fino ad una
'preistoria del segno', credendo di poter isolare come isolassimo un polmone dal
resto del corpo. In questo senso invece la parola invece è 'viva' secondo me
Natale Anastasi
Ecco, questo pensiero
"X" mi piace. Questo che hai scritto sembra proprio ribadire che il
segno senza segno/significante non possa essere indagato. Ma secondo me questo
è "possibile". Da qui parte la mia ricerca. Siamo sempre con questa
bella "X", il geroglifico, il segno che non capiamo, che non sappiamo da dove venga, ma che i nostri
occhi vedono. E c'è una lotta per servirci di questa "X", come ci è
stato insegnato a scuola. Questa X [ linea chiusa "è una palla" , ma
può essere se fatta allungata e stretta ai lati "uno Zero" ].
Ho messo tutto tra
parentesi quadrata e poi tra virgolette per spiegare meglio che "un
insieme di X più grande ne comprenda uno più piccolo". E se ci hai fatto
caso, ho cominciato ad introdurre le "associazioni linguistiche":
ossia X da cui ---> X+X=X2.
Adesso, ti proporrei di
dirmi cosa sto cercando di esprimere. E' una parte dell'esperimento. Ah, se hai
notato, queste X che scrivo senza metterle tra virgolette, prese singolarmente
non ti portano ad associarle a niente. Come la parola "inconscio". Solo a dire che
sono segni visibilmente scritti che non si assomigliano
"graficamente".
Fabio Platania
Come dire che l'essere
umano si dà degli strumenti per vivere e poi però queste tecnologie dominano
interamente la sua vita
Natale Anastasi
Esatto è come
quell'esempio che la psicologia ci fornisce, quello delle illusioni ottiche.
Chessò specie quella del candelabro che potrebbero essere anche due che si
baciano, ricordi ?
Fabio Platania
Sì
Natale Anastasi
Ecco! ti sei mai chiesto
come mai non si pensa che potrebbero essere solo delle linee ? le si associa
subito ad una figura di senso e con "figura di senso" indico una
serie di "XXXX" riconosciute da più esseri umani
Fabio Platania
Questa figura di senso
nascerebbe allora anche se osservo un albero e poi realizzo un palo della luce
Natale Anastasi
E con
"riconosciute" intendo dire che quelle "XXXX" sono
"famose" e vanno "conosciute" perché "non possiamo
farne a meno di conoscerle"
Fabio Platania
Cioè ciò che mi rimane
sarebbe la forma allungata e snella traducibile in una serie di x no?
Natale Anastasi
Sì, ma qui siamo andati
avanti col "ragionamento": siamo passati al condizionamento che un
segno esercita su di noi sì, quella forma, e che cosa succede se una persona
viene indotta da un segno a comportarsi in un certo modo? cioè, tu hai
associato "l'albero" al "palo della luce" e c'è chi l'ha
costruito, e ancor prima chi l'ha inventato "dal nulla", dal dissimile, da altro ancora. Perché mai c'è stata
quest'associazione?
Fabio Platania
Ma questa
"forma", in generale, non ci fa forse pensare (voglio usare una
metafora)e domandare quale sia "il destino della farfalla"? Come se
il discorso facesse linea a due domande. La prima: "c'è una sostanza che
sta alla base del bruco che diventa bozzolo e del bozzolo che diventa farfalla?"
Quindi: "c'è una sostanza oltre la forma?"; la seconda domanda: 'la farfalla vive
un giorno, quindi è davvero sua preoccupazione sapere cosa ci sia oltre il
gioco di forme?" ossia: c'è sostanza oltre il tempo?
Natale Anastasi
Torniamo al paralogismo
di prima: parlare di una "X" tirandone in ballo un'altra. La
"sostanza" se la vediamo come un segno sulla sabbia, resta lì, come
anche il segno della x chiamata "forma". Lo stesso per il continuo di
ciò che hai scritto.
Fabio Platania
Magari la sostanza la
sentiamo più che vederla
Natale Anastasi
Secondo me la sfida è invece quella di precedere l'associazione linguistica, ed uscire dal "segno"
stesso. Come?
Fabio Platania
Se disegno tanti cerchi e
li coloro in maniere diverse posso dire che tutti hanno in comune la sostanza
cerchio. E quindi sarebbe come osservare la "forma"; ma se dico
invece che la sostanza cerchio viene disegnata nella mia mente nel momento in
cui la penso allora questa sostanza va oltre il tempo stesso che ci ho messo
per pensarla: cioè in questo secondo caso è come venisse dal nulla, come dicevi
tu, commenti addietro
Natale Anastasi
E' questa la cosa!
E cosa intendere con
"sostanza"? Perché questa X ha oltre un significante un significato
su cui riflettere, per te? Non è sempre un segno scritto sulla sabbia ? Invece
che venire "dal nulla", ossia da una "X" artificiale,
proviene da "altro" da ciò che non è un "segno"
Fabio Platania
Sì ok, io direi: nulla come
diverso
Natale Anastasi
E io te la rigiro: cosa
intendere con "diverso" e cosa, a questo punto, con "rivoluzione"? Per me
sono solo X linguistiche, segni del linguaggio convenzionale.
Fabio Platania
Lo sapevo ahahahaah
Natale Anastasi
ahahaha
Andando quindi avanti,
passiamo finalmente al ruolo della metafora: "che rumore fa una mano sola
che applaude?" Questo esempio della tradizione zen ci spiega come avere la
percezione della "vacuità" del: non so perché non immagino cosa rispondere a questa
domanda. Ma il dialogo comincia da questo "non so".
Fabio Platania
Il segno sulla sabbia,
per me è come la luce che entra dallo spiraglio di una finestra cioè è 'uno':
non permane in quel luogo, ma c'è
Natale Anastasi
Quindi per tirare le
somme si parte da quest'esperienza del non sapere cosa dire, e cosa
"immaginare", arriviamo al "non-pensiero" che "non è
X", né il suo opposto, ma è proprio "una cosa nuova", tutt'altro che un
"segno". Adesso, per concludere, la mia ricerca parte da queste
riflessioni qua. E sto cercando di andare avanti con altra roba. Magari ne parleremo un'altra volta.
Fabio e Natale:
That's all folks
"A me sembra che anche i saggi di Egitto abbiano compreso tutto questo o per scienza esatta o per intuizione innata: essi, quando volevano rivelare la loro sapienza, non si servivano dei segni delle lettere, che designano parole e proposizioni ma non corrispondono alla pronuncia e al significato delle cose dette, ma disegnavano figure <geroglifici>, ciascuna delle quali significava una singola cosa, e ne decoravano i templi per mostrare che il procedimento discorsivo non appartiene al mondo di lassù, in quanto ciascun individuo è anche una scienza e ciascuna figura è sapienza, soggetto e sintesi, e non un pensiero discorsivo né un progetto.
Più tardi, da questa scienza così sintetica derivò un'immagine che è tutta dispiegata in altra cosa e si esprime nel processo discorsivo e scopre le cause da cui una cosa deriva, sicché ci si meraviglia di una cosa tanto bella. Quando qualcuno sa, non può non dire di ammirare la sapienza, cioè come essa, pur non possedendo le cause, per le quali tutti è così come è, le elargisce alle cose prodotte su suo modello.
E così, ciò che è bello come s'è detto, e ciò che risulta appena o in nessun modo da una ricerca - qualora qualcuno cerchi perché debba essere così - esiste in questo modo prima di ogni ricerca e di ogni ragionamento" (Plotino, Enneadi V 8, 6).