martedì 20 novembre 2012

L’uomo del Sottosuolo



Il corpus delle opere di Dostoevskji ci presenta motivi, filoni, che saranno poi presenti nella letteratura e nel pensiero filosofico novecentesco. E inoltre, ci presenta personaggi meritevoli di attenzione, alcuni dei quali designati o designabili con l’espressione uomo del sottosuolo
Chi è mai costui?
Il migliore esemplare di questa categoria è il protagonista del romanzo “Ricordi dal sottosuolo”, datato 1864.
Il romanzo è suddiviso in due parti: nella prima, intitolata “Il sottosuolo”, si ha, da parte del protagonista, un monologo di critica sociale contro il vitalistico ottimismo del positivismo. Secondo Dostoevskij il positivismo non potrebbe mai portare alla realizzazione della società del benessere, poiché l’uomo nutre un profondo e irrazionale desiderio di sofferenza e di autodistruzione. La sofferenza interiore ed esistenziale del protagonista è causata dalla sua stessa natura eccessivamente riflessiva; egli è continuamente impegnato nella ricerca della causa prima di ogni sua azione: l’uomo del sottosuolo si oppone irrimediabilmente all’uomo d’azione che, determinato e sicuro di sé, persegue la sua meta, senza mai porsi fastidiosi interrogativi.
Nella seconda parte del romanzo, “A proposito della neve bagnata”, il protagonista racconta, nell’ intento di dimostrare che anche uomini colti e per bene ne sono capaci, avvenimenti risalenti a sedici anni prima. Ecco chi è l’uomo del sottosuolo… È un uomo che vive nell’ incertezza più totale, un uomo che si scaglia con asprezza e astio contro gli illuministi.
Per l’uomo del sottosuolo non esiste affatto “l’homme de la nature et de la veritè”, tanto esaltato dai lumi. Nessun lume nel cammino, nell’esistenza vana e vuota dell’uomo del sottosuolo. Un luogo oscuro, opprimente, habitat di un uomo da tutti emarginato e abbandonato. La sua sarcastica polemica si rivolge contro il fastidiosissimo “due più due fa quattro”. Egli si aggrappa ostinatamente alla libertà del volere, illimitata e potentissima, ma che nulla riesce a conquistare, rimanendo vuota e, quindi, inutile.
Nessun mito può consolare la sua sofferenza: a essa non ci sono antidoti, e ovunque, egli trova la ragione mitizzata a impedirgli di accostarsi alla fede, a una fede che gli apporti consolazione e serenità. La sua grande sofferenza causa in lui un odio profondo verso tutto e tutti. Pertanto, egli si è autoimprigionato in questo luogo più o meno reale, il sottosuolo. Esso non è per lui un luogo utopico e ideale, un rifugio o un nido: è piuttosto l’unico luogo in cui un uomo del genere possa stare lì a espiare la sua condanna. È questa la disperazione dell’uomo moderno e contemporaneo, privo di miti, di speranze e di fedi.
La libertà illimitata dell’uomo del sottosuolo si traduce così nella peggiore delle prigioni e nella perdita di valori e ideali per cui valga la pena lottare e, quindi, vivere. Non esiste più l’uomo aristotelico inteso come zoòn politikòn, soppiantato da un essere abietto e ignavo, colmo d’odio. Esso è solo un animale bipede e ingrato, che lotta per la sopravvivenza. La sua salvezza è direttamente proporzionale alla sconfitta e alla distruzione altrui. Sottile è l’analisi condotta da Dostoevskji su quest’essere e sulle correnti che agitano l’oceano immenso e ignoto dell’animo umano: «avere una coscienza troppo lucida è una malattia», non reca che sofferenza.
Altro tema affrontato dal nostro autore, anche in altre opere, è quello del binomio (o, meglio, dicotomia?) ragione-volontà. La ragione, lungi da essere esaltata, è solo una minima parte dell’essere umano. Essa soddisfa solo le sue facoltà razionali, mentre la volontà è la manifestazione di tutto il nostro essere, di tutta la vita umana. Essendo tale conflitto irrisolvibile, quale soluzione è possibile se non il calpestare volontà e ragione per ridursi a una sorta di uomo-topo che si limita a osservare, non senza la giusta dose di disprezzo, il fluire della vita dalla sua tana? Ma è forse vita questa?
A parer mio la risposta è ovviamente negativa e spero lo sia anche per i lettori (se non per tutti, almeno per la maggior parte). Infatti, la stessa espressione “l’uomo del sottosuolo” è, secondo me, ossimorica, perché indica un uomo privo delle caratteristiche che lo rendono tale: la capacità di costruire la propria vita con consapevolezza, di interagire con i suoi simili e con il mondo e di partecipare a tutti gli eventi e i processi che, volente o nolente lo riguardano… Ci riguardano.
Simonetta Scionti

Nessun commento:

Posta un commento