martedì 20 novembre 2012

Amore e mercificazione del sesso



Nei secoli passati si è tanto discusso sul tema dell’amore , cercando di darne una definizione, studiandone i fenomeni che avvengono nell’uomo.
Nel greco antico notiamo che, per definire i vari significati a cui noi oggi attri-buiamo alla parola “amore”, si utilizza-vano una molteplicità di termini che si dimostrano essere molto precisi: philìa, del verbo philèo, con cui si intendeva l’amore affettivo, l’attaccamento verso una persona, inteso come amicizia, ossia quell’amore di cui si aspetta un ritorno; eros, del verbo epào, con cui si intendeva l’amore sessuale, quella passione verso l’ oggetto dell’ardente desiderio; agàpe, dal verbo agapào, con cui si intendeva l’amore incondizionato, anche non ricambiato, spesso con riferimenti religiosi; storgèdal verbo stèrgo con cui si intendeva l’affettuoso e caro amore tra consanguinei.
La cultura greca mostrò dunque un’at-tenzione particolare, che non ha similari nella cultura moderna, al tema dell’amo-re evidenziandone tutte le sue sfumature, innalzandolo sull’altare del sacro: divenne un tema costante e fondamentale nel pensiero ellenico. Basti ricordare poeti come Omero, Esiodo, che fece dell’amore una delle forze primordiali dell’universo, la poetessa Saffo, nella cui poesia si avverte una straordinaria intensità e coerenza del sentimento, del pathos erotico, che accoglie le vibrazioni di ogni emozione e in esse constata la propria forza, svelan-do la profondità e complessità della psiche umana di fronte agli eventi dell’amore. Oppure tra i filosofi basti ricordare l’agrigentino Empedocle, il quale considera l’amore e l’odio come forze cosmiche capaci di aggregare e disgregare i quattro elementi, “radici”, (gli archetipi acqua, vento, fuoco e terra) secondo un ciclo eterno. Fondamentale inoltre la teoria di Platone sull’eros. Quest’ultimo identifica difatti l’amare col filosofare, in quanto la “filo-sophìa” è l’amore della sapienza. Analizzando i due dialoghi sull’amore, il Simposio e il Fedro, si nota in essi che Platone evidenzia lo stretto legame che vi è tra l‟amore sessuale e l‟amore inteso in senso metafisico . Nel primo infatti la figura di Eros funge da intermediario tra l’uomo e il divino (è definito appunto quest‟ultimo Dàimon). Eros è figlio di Poenia Poros (la povertà e l’espediente) e incarna lo struggente desiderio di sapienza e bellezza. Eros è la dimensione del filosofo, che sta in mezzo tra sapienza e ignoranza, che si prepara a coglier la sapienza. Nel secondo invece il viaggio verso la conoscenza è descritta come ascesi verso il mondo delle Idee, in cui Platone espone il mito della biga alata. L’Eros è quindi la forza trainante e nascosta che permette il passaggio dall’attrazione per la bellezza di un corpo a quella di tutti i corpi, poi a quella per la bellezza spirituale dell’anima e delle Idee, percorrendo un‟ immaginaria ele-vazione, simile alla salita dalle profon-dità dell’apparenza sensibile del mito della caverna, che permetta di innalzare la mente a cogliere l’unità del Tutto.
Rimanendo ordunque sul tema dell’amo-re sessuale (eros) e dell’amore affettivo (philia), nel Medioevo si assiste ad una vasta produzione letteraria incentrata sulla nuova concezione dell’amore e della donna. A partire dai trovatori e dai cavalieri l’amore non assume un ruolo così fecondo solo come motivo poetico, ma rappresenta anche, e soprattutto, un argomento di trattazione scientifica , morale e filosofica. Nella società corte-se il corteggiamento delle donne dei signori feudali da parte dei cavalieri costituiva la fase necessaria di quel rapporto d’amore paragonato all’atto di vassallaggio, in cui il cavaliere offriva il proprio “servizio d’amore” in cambio di un beneficio, che il più delle volte era un atto simbolico di riconoscimento o di promozione sociale. Sarà proprio que-sta concezione dell’amore cortese, trattata da Andrea Cappellano, che influenzerà la Scuole lirica siciliana , gli stilnovisti e lo stesso Dante. Così Cappellano nel suo scritto più rinomato, il De Amore : « È l’amore puro che lega insieme i cuori dei due amanti con ogni sentimento di gioia. Questo tipo consiste nella contemplazione della mente e l’affetto del cuore, limitandosi al bacio e all’abbraccio e al modesto contatto con il corpo nudo dell’amante, omettendo la soddisfazione completa, poiché ciò non è permesso a coloro che desiderano amare in modo puro… Questo viene chiamato amore misto che trae il suo effetto da ogni delizia del corpo, culminando nell’atto finale di Venere.[18] ». Negli stilnovisti troviamo invece che il semplice corteggiamento diventa elevazione spirituale, adorazione di una donna che può assumere tratti angelici e che viene considerata come una creatura intermediaria tra terra e cielo. Con gli stilnovisti si affianca l’amore ad una visione più cristiana rispetto a quella trobadorica e siciliana, dove i poeti siciliani componevano sonetti e canzoni sull’amore solo per diletto. Volendo ora tralasciare i secoli successivi, dove ancora venne discussa la tematica amorosa, vorrei discutere sulla percezione dell’ amore sia affettivo che sessuale tra amante e amato che si manifesta nei nostri giorni. Adesso non è forse stato obliato quell’amore tra amante e amato che da poeti e filosofi veniva decantato per la sua bellezza e la sua spiritualità, di quell’amore così passionale e totale?

Oggi si assiste solo ad unesaltazione della sessualità e del corpo nelle sue forme più superficiali, più banali, dove la maggior parte degli individui dà libero sfogo al proprio istinto sessuale, trascurando o ancor peggio eliminando quella ricerca di un’anima bella con cui poter intessere un rapporto passio-nale per la vita. Non è forse questa la causa dell’odierna mercificazione del corpo (seminudo o nudo che sia), che si ritrova costantemente negli spot e nei manifesti pubblicitari ? Oggi non si suole più cercare quell’amore spirituale, quell’amore tra due anime che si incontrano per restare unite e svolgere quel cammino di ascesi verso la bellezza della conoscenza, ma piuttosto per dar libero sfogo ai propri bassi istinti sessuali. Non è forse bello che un’ amante all’attrazione fisica per l’amato (eros) , provi un vero amore per l’anima del amato (philìa) e con esso conduca quel cammino di ascesi? Perché fermarsi alla sola matericità del corpo anziché proseguire quella ricerca più interessante, difficile, ma immensamente bella, che porta alla scoperta non solo dell’anima del proprio amato, ma anche ad una maggiore scoperta della nostra anima, della propria interiorità? Al giorno d’oggi si assiste a tutto: dalle locandine di un locale hot, “Eroticamente Sicilia”, immagini incluse, affisse ovunque a Catania, fino a giungere , oltre ai siti hot ormai arcinoti da quasi tutti, a social network che apparentemente celano la loro vera “natura”. Ovviamente mi rife-risco a facebook in cui è possibile trovare non solo donne e uomini di una certa”maturità”, ma soprattutto ragazzi e ragazze, anche molto giovani, in atteggiamenti e in abbigliamenti piuttosto provocanti. Ecco, senza fare inutili moralismi, c’è da chiedersi: che funzione ha facebook se non quella di molti altri social network dedicati alla ricerca del proprio partner ? Su facebook si assiste ad un vero e proprio “culto della personalità”, dove ognuno di sua volontà si etichetta, scrivendo sul proprio profilo gli “interessi personali”, gli orientamenti politici, religiosi, e ci si iscrive a gruppi fra i più disparati. Tutto ha però uno scopo, cercare di creare attorno alla propria figura il miglior ideal-tipo possibile. E perché fare ciò, creare una figura artificiale e falsa, corrompere la propria identità, anziché ricercare, scoprire e mostrare, la nostra vera natura? Non sarà forse che molti di noi non hanno una vera personalità, o ancor peggio non sanno se possiedono un’anima? E non sarà forse che per fuggire (in)consapevolmente dall’ “opprimente” realtà di non sapere com’è la propria anima o almeno di non cercare di scoprire come sia, il rifugiarsi dietro uno schermo dal quale si può apparire ciò che non si è, sembra la cosa più semplice e che dona una felicità momentanea ? E allora mi chiedo: come si può amare profondamente il proprio amato, se non si conosce la propria anima? E non sarà forse per questo che i rap-porti durano solo quell’attimo di trasporto emotivo, in cui vi si crede innamorati solo perché si sentono “le farfalle nello stomaco”? Tutto ciò alimenta quella concezione tra amante e amato che risulta puramente superficiale e continua a radicalizzarsi nel modo di pensare non solo di molti adulti, ma soprattutto di molti giovani, di un amore puramente illuso-rio basato solo sull’aspetto fisico e sulla fama, di un amore in cui è quasi d’obbligo ad una determinata età la rinuncia alla propria verginità, un obbligo a cui si è costretti inconsapevolmente ad attenersi per non essere considerati inferiori e quindi diminuire il mito che ci si è, narcisisticamente, autocostruiti attorno a sé. E non sarà forse questa la causa che fa credere ai ragazzi di poter trattare, in un certo modo, le ragazze come delle prostitute e le ragazze di trattare i ragazzi come dei gigolò? Termino dicendo solo una cosa: vogliamo veramente che i nostri futuri figli o i nostri cuginetti e fratellini acquisiscano, espandano e radicalizzino ancora questa mentalità?
Tre dunque sono le specie di amicizie, come tre sono le specie di qualità suscettibili d’amicizia: e a ciascuna di esse corrisponde un ricambio di amicizia non nascosto. E coloro che si amano reciprocamente si vogliono reci-procamente del bene, riguardo a ciò per cui si amano. Quelli dunque che si amano reciprocamente a causa dell’utile non si amano per se stessi, bensì in quanto deriva loro reciprocamente un qualche bene; similmente anche quelli che si amano a causa del piacere. (…)L’amicizia perfetta è quella dei buoni e dei simili nella virtù. Costoro infatti si vogliono bene reciprocamente in quanto sono buoni, e sono buoni di per sé; e coloro che vogliono bene agli amici proprio per gli amici stessi sono gli autentici amici (infatti essi sono tali di per se stessi e non accidentalmente); quindi la loro amicizia dura finché essi sono buoni, e la virtù è qualcosa di stabile; e ciascuno è buono sia in senso assoluto sia per l’amico. Infatti i buoni sono sia buoni in senso assoluto, sia utili recipro-camente.”
(Aristotele, Etica Nicomachea, cit., libro VIII, cap. 3)

Andrea Liotta

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