martedì 20 novembre 2012

La fine è il mio inizio



REGIA: Jo Baier SCENEGGIATURA: Ulrich Limmer, Folco Terzani ATTORI: Bruno Ganz, Elio Germano, Erika Pluhar, Andrea Osvárt, Nicolò Fitz-William Lay
MUSICHE: Ludovico Einaudi
DISTRIBUZIONE: Fandango
TITOLO ORIGINALE: Das Ende ist mein Anfang
GENERE: Biografico, Drammatico Anno: 2011
DURATA: 98 Min.
Il film, tratto dall‟omonimo e postumo libro, è ambientato a Orsigna, nelle col-line toscane, e ci svela un dialogo tra un Tiziano Terzani (interpretato nel film da Bruno Ganz), ormai malato terminale, e il figlio Folco (Elio Germano) nella sua casa di campagna, dove trascorre gli ultimi giorni di vita insieme alla tanto amata e cara moglie Angela (Erika Pluhar).Come tutti sapranno, Terzani fu un famoso giornalista per conto di svariate testate, soprattutto internazionali. Fu corrispondente per tanti anni in Asia. Sappiamo inoltre come inizialmente abbia nutrito una forte simpatia per il comunismo cinese di Mao Tse Tung e per la sua “Rivoluzione Culturale”, convinto com’era che questa “grande” rivo-luzione sociale avesse portato equità e benessere all’intero popolo cinese. Co-me però comprese in seguito, tolti gli “occhiali ideologici”, la “liberazione” cinese non fu altro che un atroce esperimento totalitarista che cercò di rimuo-vere con le armi e col sangue le tradizioni e la religione millenaria tibetana, instaurando una dittatura che eliminò la libertà di pensiero, che creò solo morti e tanta sofferenza. Terzani inoltre capì che la vera rivoluzione è quella interiore. La sua rivoluzione infatti ha inizio quando scopre di avere un tumore all’ intestino. Scoperta la malattia, lascia la carriera giornalistica e parte verso gli Stati Uniti per farsi curare nei migliori ospedali del Mondo. Qui si rende conto che la medicina occidentale è un grande fallimento, che essa spesso serve solo da effetto placebo, che accresce il dolore e che crea solo un devastante vuoto dentro sè. Oggi la medicina ha dimenticato il rapporto con l’uomo nella sua interezza, lavora come se avesse davanti una macchina, un corpo inerme. Essa ha una visione dualistica di origine cartesiana, tanto criticata da Terzani: tale concezione igno-ra l‟unità psico-fisica dell’ uomo.
Deluso della Medicina ufficiale occidentale, Terzani decide quindi di ritirarsi in solitudine sull’ Himalaya. Qui inizia a praticare la meditazione ed entra a contatto con la filosofia orientale: rifletterà sul senso della vita, sul significato della morte e la sua accettazione. La meditazione gli servirà a trovare il silenzio e il vuoto interiore (vacuità), in opposizione alla vita rumo-rosa, cacofonica, frenetica dell‟ uomo di città.
Tra i temi fondamentali del film c’è quindi il dolore e la morte. Essa viene vista da Terzani tra le cose più naturali che accadono ad ogni essere su questa Terra, ma noi occidentali non ce ne vogliamo far una ragione: essa ci spaventa e cerchiamo di allontanarla in qualsiasi modo;  c’ è orrore per la morte, invece di accettare la nostra natura di esseri finiti.
Il dialogo con il figlio in una scena centrale diventa serrato; gli rimprovera le sue paure per il futuro, le sue incertezze, i suoi spostamenti da un capo all’altro del mondo senza concentrarsi bene su un lavoro e portarlo a termine. Esorta il figlio a riflettere su se stesso, il famoso “gnôthi seautón” (conosci te stesso), l’antico motto dell’ oracolo di Delfi, fulcro del pensiero socratico, l’ essenza dell’ intero pensiero filosofico. Questo conoscersi propedeutico a conoscere il Mondo.
Altro tema centrale del film è il rapporto tra l’ Uomo e il resto della Natura, la nostra Madre. Questo è un altro grande attacco alla cultura occidentale, che vede l’ Uomo al centro dell’ Universo (antropocentrismo), come se il resto della Natura fosse stato creato solamente per soddisfare i bisogni di questo uomo tracotante.
Questo ricorda il “Deus sive natura” di Spinoza, Dio è in Tutto, comprendere che l’ uomo non è altro che una parte della natura e che tutta la natura è viva. Infatti Terzani, come Spinoza, è un panteista.
Specie nel ’900 si sono avuti regimi capitalistici e comunisti che con le loro ideologie messianiche hanno fatto del progresso tecnologico il paradiso in Terra, disinteressandosi del benessere della Natura, ma portando la Terra a catastrofi ambientali.
Bella la scena in cui Terzani mette degli occhi ad un albero, per insegnare al nipote che anche gli alberi son vivi e sono parte del Tutto. Il rapporto con la Natura ci insegna anche a rispettare il diverso, l’ altro da noi.
I punti di forza del film sono la bellezza del paesaggio toscano e la bravura a calarsi perfettamente nel personaggio da parte di Bruno Ganz. Peccato per la brevità del film e per non avere appro-fondito con maggior rigore i temi af-frontati. Un film per riflettere.
“L’uomo libero non pensa a niente meno che alla morte; e la sua sapienza è meditazione non della morte ma della vi-ta” (Ethica, IV, 67)
- Spinoza -
Gaetano Giudice

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