martedì 20 novembre 2012

Dall’anti-politica alla post-politica: riflessioni sulla schizofrenia del neo-capitalismo italiano


Nei periodi di reazione e declino saltano fuori da tutte le parti gli stregoni e i ciarlatani” Leon Trotsky 

1. Lo scopo di questo breve articolo è quello di inquadrare da un punto di vista teorico l’anti-politica, che in Italia ha preso forma nel movimento degli Indignati e nel Movimento 5 stelle dell’ormai ex attore genovese Beppe Grillo.
Per affrontare un argomento così complesso vorrei partire da questa interessante definizione di anti-politica data da Eugenio Orso: ‘’ Antipolitica è tutto ciò che si muove, politicamente critico ma non autenticamente rivoluzionario, al di fuori dei cartelli elettorali del sistema liberaldemocratico, e che potrà a sua volta diventare interno al sistema stesso in seguito ad affermazioni elettorali, assegnazioni di seggi in parlamento e cooptazione dei nuovi arrivati nella sub-dominanza politica nazionale’’ (Eugenio Orso, L’antipolitica, il grillismo e il controllo sistemico, da Pauper Class). Una definizione calzante che merita di essere approfondita.
Personalmente ritengo che i movimenti anti-politici, che a mio avviso è meglio chiamarli post-politici, sono una delle tante conseguenze dello sgretolamento del vecchio capitalismo borghese, un modello capitalistico basato sulla coppia dicotomica destra/sinistra, sui grandi partiti di massa e soprattutto sul ruolo degli Stati nazionali. Il nuovo capitalismo – meglio definibile come capitalismo manageriale – corrisponde a queste tre caratteristiche : (1) americanizzazione del tessuto sociale; (2)spappolamento dei ceti medi; (3) subordinazione completa dell’Europa alle esigenze strutturali dell’imperialismo americano.
Il lettore attento sa che l’americanizzazione del tessuto sociale richiede lo spappolamento delle mezze classi (si chiamano così usando una appropriata terminologia marxista) e che il risultato di questo processo non può non essere che il totale asservimento degli Stati imperialistici europei all’imperialismo yankee.
Bene, per inquadrare l’anti-politica dovrò soffermarmi sul secondo punto (lo spappolamento delle mezze classi). Farò questa analisi partendo da un confronto inedito (o che almeno fino ad ora non ho visto fare a nessuno): la Lega Nord da una parte e dall’altra parte il movimento di Grillo (Indignati, Popolo Viola, Agende Rosse, ecc…).

2. La Lega Nord è, senza mezzi termini, l’unico partito di massa (di lotta e di governo) della seconda repubblica. Non esistono – come nota bene Miguel Martinez 1 – elite calate dall’alto, nella Lega, perché non ci sono idee e quindi il ‘’popolo padano’’ dispone di un immenso spazio da riempire con la propria creatività.
La Lega è un movimento inter-classista che si richiama al popolo, inteso come una amalgama di differenti classi sociali, e gli dà, di volta in volta, un falso nemico su cui scagliare la propria rabbia: meridionali, immigrati ed ora l’islamismo.
Il punto forte di questo movimento politico è stato quello di aver inorgoglito bottegai, piccoli commercianti, operai non sindacalizzati, facendogli vivere con fierezza gli aspetti peggiori della loro condizione di sudditanza alla global class dominante.
Faccio un breve riepilogo: la Lega Nord è quindi un movimento inter-classista che ha raccolto da destra le istanze sociali dei ceti produttivi. Una toccasana per un capitalismo come quello italiano, fondato sull’evasione fiscale e i bassi salari.
Al leghismo si contrappone quello che Marino Badiale definisce il lavoro intellettuale subalterno, e cioè quel lavoro (per buona parte improduttivo) svolto da insegnanti, giornalisti e scrittori, tecnici di varia natura, operatori sociali. Anche in questo caso siamo davanti una schizofrenia sociale.
Questi lavoratori da un lato si vedono schiacciati dal capitalismo assoluto (assoluto perché si basa sulla produzione illimitata di plusvalore) quindi reagiscono chiedendo maggiore giustizia sociale, mentre dall’altro lato rivendicano la loro superiorità rispetto al popolaccio incolto, quindi chiedono meritocrazia e privatizzazioni.
Se lo smantellamento del capitalismo assistenzialista italiano colpisce la piccola e media impresa (vero baricentro elettorale della Lega Nord), l’americanizzazione del tessuto sociale pone il problema di integrare il lavoro intellettuale subalterno nell’imperialismo globale (che sarebbe il turbo-capitalismo del mondo occidentale).
Il ruolo dell’anti-politica risponde a questa esigenza (e non è cosa da poco).
L’integrazione di queste frange sociali passa attraverso l’assolutizzazione del concetto di democrazia. Un grande conoscitore delle elite corporative, come Michel Chossudovsky, si esprime in questo modo:

‘’ Secondo il capitalismo contemporaneo, deve prevalere l’illusione della democrazia. È nell’interesse delle elite corporative accettare il dissenso e la protesta come una caratteristica del sistema fintantoche non minacciano l’ordine sociale stabilito. L’obiettivo non è di reprimere il dissenso, ma, al contrario, di plasmare e formare il movimento di protesta, per fissare i limiti esterni del dissenso’’ (Michel Chossudovsky, Il movimento anti-globalizzazione è finanziato dalle elite corporative, Global Research)

La costruzione di questa illusione attraversa altri due passaggi: (1) porre la democrazia anglo-americana come modello da seguire (bipolarismo politico e pluralismo informativo di facciata); (2)contenere le mobilitazioni nell’ambito del legalmente consentito, impedendo la nascita di movimenti radicali ed anti-sistemici.
Le elite corporative non si limitano a spezzettare la critica al capitalismo (quindi creano separati movimenti: ecologisti, legalitari, antifascisti, pacifisti, ecc…) ma devono riportare questi movimenti nell’ambito del politicamente corretto, quindi dentro la dicotomia destra/sinistra nella completa impossibilità di riforma (sinistra) o conservazione (destra) sociale (riferendomi al riformismo socialdemocratico e al conservatorismo dei vecchi partiti cattolici europei).
Il capitalismo assoluto per sopravvivere deve desertificare interi Paesi: distruzione dello Stato sociale e guerre imperialistiche disposte dagli Usa, questa è la ricetta della global class dominante.
Non è casuale che i movimenti anti-politici nel loro programma non hanno nessun riferimento all’antimperialismo, il quale (antimperialismo) unisce la lotta di classe intera all’appoggio ai movimenti di liberazione nazionale (e agli Stati rivoluzionari come Cuba, Venezuela e Nepal) in politica estera.

3. In conclusione voglio far notare due cose a mio avviso importanti:

(1) la Lega Nord è stata una reazione difensiva dei ceti medi alla globalizzazione unipolare (americanizzazione del tessuto sociale), al di là dei caratteri folcloristici che ha assunto. Per comprendere il fenomeno Lega bisogna partire dalla contrapposizione localismo/globalismo, altrimenti si rischia di andare fuori strada.
(2) L’anti-politica è strettamente correlata all’integrazione nel neo-capitalismo del lavoro subordinato intellettuale.

La mia conclusione è duplice:

(1) la contrapposizione fra il leghismo e i nuovi movimenti colorati ricalca il superamento del vecchio capitalismo borghese con il modello capitalistico manageriale. Questo passaggio necessita, come ho già detto, lo spappolamento dei ceti medi.
(2) Se i vecchi ceti produttivi (commercianti, artigiani, piccoli imprenditori) vengono proletarizzati (e non mi riferisco alla proletarizzazione gramsciana), le frange sociali contemplative devono essere integrate attraverso delle mediazioni (post)politiche. La finalità di movimenti come quello di Grillo o degli Indignati si riduce a questo.

Che altro dire? Tutte conseguenze che gli antimperialisti pagano fino a quando non riusciranno a formare un movimento di classe forte che si opponga alle politiche globaliste.

Note:

1)   L’articolo di Eugenio Orso è stato pubblicato nel blog Pauper Class: http://pauperclass.myblog.it/archive/2012/05/08/l-antipolitica-il-grillismo-e-il-controllo-sistemico-di-euge.html
2)   Sulla Lega Nord segnalo questo interessante saggio di Miguel Martinez pubblicato sul suo blog Kelebek: http://kelebeklerblog.com/2005/12/21/il-mistero-dei-leghisti-ii/

Stefano Zecchinelli

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