martedì 20 novembre 2012

La Società dei Media


Era la sera del 30 Ottobre 1938, vigilia di Halloween, quando dalle frequenze della stazione radiofonica statunitense della CBS, un giovane attore emergente, il migliore di cui la radio disponeva, si apprestava a presentare uno speciale radiodramma per celebrare tale festività. Si trattava del giovaneOrson Welles, e il suo programma era “La guerra dei mondi“, una trasposizione radiofonica di un romanzo di fantascienza di fine ottocento, che descrive l’invasione della Terra da parte di extraterrestri provenienti da Marte.
La storia però viene riadattata ai tempi radiofonici, ma Welles, perplesso dal ritmo del testo che ne era uscito, decise di inserire le sue false radiocronache nel bel mezzo di un programma d’intrattenimento. Impostò dunque la trasmissione come un normale programma musicale, interrotto in certi momenti da un falso notiziario radio, che annunciava l’invasione aliena e i suoi drammatici sviluppi.
L’alternarsi di questi allarmi e della normale programmazione musicale non fecero altro che creare un ulteriore clima di confusione nel già allarmato pubblico. Quando poi si susseguirono diversi silenzi radio, che accrebbero la tensione, ripresi ogni tanto solo da qualche confusa cronaca, fino all’apparente cessazione delle trasmissioni, si scatenò il caos. Migliaia di persone si riversarono per le strade in preda al panico e si lasciarono andare a comportamenti di grave irrazionalità. Ingorghi stradali, linee di comunicazione sovraccaricate fino al collasso, atti di violenza si registrarono in tutto il paese. A San Francisco una donna si presentò in un commissariato di polizia con i vestiti lacerati, affermando di essere stata aggredita dagli alieni.
La reazione oggi potrebbe sembrare esagerata, ma quest’evento pose, per la prima volta, l’accento sul rapporto che si innesca fra il pubblico e i mezzi di comunicazione di massa: un rapporto fin troppo fideistico e acritico; mettendo in luce, soprattutto, il potere dei mass media di canalizzare e manipolare l’opinione pubblica secondo i desideri di coloro che controllano e posseggono tali mezzi.
Lo storico Mark Bloch ricordava “una falsa notizia nasce sempre da rappresentazioni collettive che preesistono alla sua nascita […] la falsa notizia è lo specchio in cui la coscienza collettiva contempla i propri lineamenti“. Il pubblico americano dell’epoca era molto probabilmente già predisposto a ricevere tale messaggio. Da lì a poco il mondo si sarebbe trovato catapultato nell’incubo della seconda guerra mondiale. Inoltre, si stava ancora facendo i conti con i problemi scaturiti dalla crisi economica più profonda del XX secolo, che gettò nell’inquietudine tre quarti della popolazione mondiale: la crisi del ‘29. Un periodo in cui si ridussero in scala mondiale produzione, occupazione, redditi, salari e consumi. La borsa di New York, nella quale poi la crisi esplose, attraversava una fase di grande euforia e di speculazione, ma, ad ottobre, tutto ciò portò soltanto a vendere milioni di azioni a prezzi nettamente inferiori a quelli di acquisto, causando un crollo delle azioni a cui non si poteva porre argine. La recessione di Wall Street, però, non fu la causa scatenante, fu bensì un sintomo di una ben più complessa crisi, insita nell’eredità dei debiti di guerra. La conseguenza del crollo della borsa causò però la caduta dei prezzi agricoli, delle materie prime, e poi dei prodotti industriali, fino alla rapida contrazione del commercio in tutto il mondo. Anche la politica economica degli Stati Uniti aggravò la situazione. Con le loro esportazioni di capitali, gli americani avevano contribuito a mantenere in equilibrio la bilancia internazionale dei pagamenti, ma, con la crisi, non riuscirono a tenere il ritmo di queste esportazioni di capitali, anzi ne iniziarono il ritiro, puntando verso una politica protezionistica,. Per tale motivo, molti paesi, in particolare europei, che dipendevano da queste esportazioni,  dopo la miseria in cui vennero trascinati dal primo conflitto mondiale, furono spinti a scegliere la via dell’isolazionismo.
Ma la crisi da industriale e commerciale, divenne ben presto anche bancaria. Sia l’industria che l’agricoltura erano seriamente indebitate con le banche, che avevano ecceduto nei prestiti nel clima di euforia precedente alla crisi. Un numero crescente d’imprese non fu in condizione di pagare i debiti alle scadenze, e, intanto, molti depositanti spinti da crescenti esigenze di liquidità, volevano la restituzione di tutto o parte delle somme depositate. Diverse banche furono costrette dunque a chiudere i battenti. Questo terremoto finanziario coinvolse tutte le monete mondiali, in particolare attraverso l’Inghilterra e la sua sterlina, moneta di riferimento globale dell’epoca. Il fallimento delle maggiori banche europee, infatti, si ripercosse sul mercato di Londra che si vide richiamare tutti i prestiti, senza però essere in grado di liquidarli, in quanto questi stessi capitali erano stati investiti a medio e lungo termine. Ciò comportò sia la sospensione dei pagamenti, con conseguente crollo dei creditori, sia una considerevole svalutazione della sterlina. Anche all’epoca chi dovette pagare il prezzo più alto furono i lavoratori. La disoccupazione, infatti, fu aggravata dalle politiche deflazionistiche adottate per evitare conseguenze sul bilancio statale, come la riduzione dei salari e la drastica riduzione della spesa pubblica, facendo dilagare il malcontento sociale. Ciò portò a degli importanti stravolgimenti politici in tutto il mondo. Nel 1933 Roosvelt venne eletto presidente degli Stati Uniti, e cambiò radicalmente la politica economica. Paradossalmente, aiutato dalla svalutazione del dollaro, stimolò la spesa pubblica, intraprendendo un vasto programma di opere pubbliche, e ponendo mano a un complesso di misure volto a sostenere gli agricoltori e a contenere ed eliminare la speculazione e lo strapotere dei gruppi finanziari. L’interventismo statale assunse la caratteristica di un aumento della spesa pubblica, al contrario della politica deflazionistica adottata nella prima fase della crisi.
In Europa la situazione invece degenerò in nazionalismo ed estremismo. Emblematico è il caso dellaGermania, con l’ascesa al potere di Hitler.
Il 1933 sembrò segnare l’inizio della ripresa, ma i segni della recessione erano sempre in agguato e diverse crisi si susseguirono. Fu allora che tutto il mondo imboccò chiaramente la via del riarmo e, infine, della guerra mondiale, condannando l’umanità a uno dei massacri più barbari della sua storia.
La crisi che viviamo attualmente è molto simile, per certi aspetti, a quella del 29, se non fosse per la rilevanza che oggi la finanza assume nel contesto del capitalismo globalizzato. La decadenza economica degli anni 2000 si è cominciata a manifestare con un incremento dei prezzi delle materie prime. Ma soprattutto dal 2008, con il rialzo del petrolio e di altre materie essenziali nella catena della produzione (come i cereali, ma anche l’acido solforico e la soda caustica), l’incremento dei prezzi ha cominciato a creare dei veri danni economici, minacciando una stagnazione economica generalizzata, con forti ribassi nelle borse di tutti i continenti. Contemporaneamente, gli Stati Uniti sono entrati in una grave crisi creditizia e ipotecaria, sviluppatasi a seguito della bolla speculativa immobiliare, nota coma la vicenda dei mutui “subprime“. Il capitalismo finanziario, come narcotizzato dall’euforia di creare rendite dalla gestione dei soldi, quindi creando soldi dai soldi, come un moderno pinocchio, mette a punto queste attività “subprime“, che si qualificano prevalentemente per lo stato della parte debitrice. Un mutuo di questo tipo viene concesso ad un soggetto che non poteva avere accesso ad un tasso più favorevole nel mercato del credito. I debitori “subprime” devono avere un basso punteggio di credito e storie creditizie fatte di inadempienze, pignoramenti e fallimentiPoiché questi prestiti vengono considerati ad alto rischio d’insolvenza hanno condizioni meno favorevoli delle altre tipologie di credito. Queste condizioni includono tassi d’interesse, parcelle e premi più elevati per gli speculatori che le portano avanti.
Questo fenomeno ha causato il fallimento di banche ed entità finanziarie, generando forti riduzioni in borsa e nella capacità di consumo e risparmio della popolazione. A causa delle banche, il fenomeno si è espanso velocemente in tutti i paesi europei, dove diverse istituzioni finanziarie hanno investito sui mutui subprime, e le borse del vecchio continente hanno accumulato negli ultimi anni molteplici perdite.
In questo grave contesto, interi paesi come l’Italia, che oltre ad avere una già presente fragilità economica che prende forma con forte disoccupazione e corruzione, ha un’informazione gestita nella quasi totalità dal potere. Non è libera.  Ciò ci consente di ritornare al ruolo dei mass mediaAnch’essi fanno parte di un mercato, e devono rispondere alle stesse regole della concorrenza, e nel particolare ai criteri dell’audience e dello share, spesso a dispetto della veridicità delle notizie stesse. Ogni qualvolta parte una notizia dalle agenzie di cronaca, i notiziari fanno a gara per trasmetterle per prima, senza preoccuparsi di indagare su quali siano le fonti, e venendo meno dunque a quello che dovrebbe essere il loro servizio: il dovere di informare i cittadini. Nell’epoca del villaggio globale, dell’ipertecnologia della comunicazione, circondati costantemente dai mass media, che impongono prodotti, consumi, ritmi di vita e valori, sorge il dubbio su quanto siamo veramente informati su ciò che ci accade attorno, se non viviamo in una prigione altamente tecnologica, fatta di schermi LCD e pubblicità, ma pur sempre in una prigione, nella quale vogliono rinchiudere il nostro pensiero.

Gabriele Pizzuto

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