martedì 20 novembre 2012

L’ intellettuale in esilio


Romano Luperini incontra  gli studenti della facoltà di lettere e filosofia di Catania.

Come consueto appuntamento, anche quest’anno, Romano Luperini non ha fatto mancare la sua presenza presso il monastero dei Benedettini di Catania, sede della facoltà di lettere e filosofia, permettendo  al suo uditorio di confrontarsi con quello che è uno dei massimi esponenti della critica letteraria italiana oltre che scrittore e politico.
L’incontro , svoltosi lunedì 19 marzo presso l’aula magna “Santo Mazzarino” , ha permesso di riflettere  tramite il suo  straordinario intervento , sulla tematica della marginalità dell’intellettuale  dalle origini ai giorni nostri.
Parole vibranti , quelle che hanno riempito l’aula gremita di un pubblico attento, capaci di colpire e scuotere le fondamenta dell’anima e della storia, facendo luce sulle oscurità  della condizione esistenziale del moderno e della perdita inevitabile e drammatica  di ogni significato e di conseguenza del rapporto lacerante tra mondo e intellettuale.
Fondamentale è il richiamo ad alcuni frammenti, appartenenti all’opera ‘Minima moralia’ del filosofo tedesco Adorno che coglie l’alienazione fondamentale della realtà odierna , un mondo nel quale “la vita non vive”: <<è tipico del moderno non sentirsi mai a casa ; nella metropoli moderna, la casa cessa di essere luogo dell’anima,  dell’intimità>>.
Il crollo dell’immagine di casa , che è simbolo di identificazione, punto di riferimento in cui ritrovare se stessi , riparo sicuro e familiare,  determina una condizione di disadattamento che si risolve ,per  l’intellettuale nel custodire questo perenne principio di estraneità , peraltro  fonte di una distanza critica.
Ci troviamo di fronte a una deformazione del mondo, al terremoto delle certezze, alla constatazione che l’unica realtà vivibile è la falsità.
Opportuno dunque è il riferimento a Pirandello ma anche ad intellettuali come Bachtin o Benjamin i quali inmaniera critica ci permettono di comprendere come solo  tirandosi fuori dal meccanismo della vita e osservandola dall’esterno, questa stride.
Una volta giunti al di fuori di essa non si può far altro che individuarne, come ha affermato il professore, l’insensatezza e la problematicità : lo sguardo dell’intellettuale diventa dunque quello di esule caratterizzato da una visione del mondo contrappuntistica , critica, in perenne relazione tra opposti, cosciente della propria estraneità.
Ecco dunque che in questa  scissione drammatica tra io e mondo,  ricompare un’immagine , che potremmo definire quasi materna e  antitetica alla modernità : la casa.
Gli eroi verghiani sono simboli per eccellenza dell’abbandono dell’autentico e dell’intimo, della fuga dal nido protettivo  in cambio  di un progresso in realtà illusorio.
<<Non c’è vera vita nella falsa>> continua Luperini riferendosi ad un aforisma di Adorno, non ci potrà essere vera vita in una modernità che falsifica, che ingarbuglia, che capovolge e condiziona.
Se dunque nella letteratura romantico-risorgimentale il tema dell’esilio era legato a fattori politici esterni ( basti pensare a Foscolo nei suoi sonetti, o nelle ”Ultime lettere di Jacopo Ortis”), nel modernismo invece la marginalità , l’esclusione diventa condizione ontologica , assoluta, costitutiva dell’animo umano. Essa giunge fino ai giorni nostri, si confronta con una realtà ormai completamente mercificata, con il dominio dell’utile, del produttivo.
Infatti fra gli anni ’60 e ’90, la cultura incomincia a essere incorporata nel sistema economico delle comunicazioni di massa, sminuzzata e ridotta a serie di informazioni e di saperi capaci di fornire strumenti interpretativi di base. La figura dell’intellettuale viene sostituita da quella del tecnico specializzato, la sua condizione di centralità e di mediazione si dissolve così come il suo  ruolo di cemento ideologico di una comunità.
Egli corre il rischio di diventare ingranaggio,elemento intercambiabile del meccanismo, privato dunque  di responsabilità direzionali.
La precarietà , la marginalità sociale ancora una volta ne fanno un personaggio ‘esiliato’, figura di soglia , di periferia ma allo stesso tempo possono fornirgli le ragioni d’essere, gli strumenti che gli permettono di risolvere questa contraddittorietà ,indagando la stessa, riacquistando quel diritto di parola che oggi più che mai non può far altro che sfociare nella denuncia.
Di grande interesse si sono dimostrati  a seguito del suo intervento,  alcuni dibattiti focalizzati su tematiche di estrema attualità come il rapporto con le nuove tecnologie e il ruolo della scuola oggi.
Blog, social network, sono terreni di proliferazione di esibizionismo e  narcisismo , contenitori di ‘grida’, di pensieri scortati e abbrutiti in poche forme, lontane da quella razionalità e argomentazione che sono la base del pensiero  di ogni intellettuale.
È  necessario dunque ritornare all’autenticità del sapere, non ricadere nelle sue vacue esternazioni né tanto meno ad una sua burocratizzazione.
Urge tornare ad una scuola non azienda, ma madre e formatrice di cittadini, strumento di comunicazione con il passato.
Proprio quei morti di cui oggi è vietato parlare, che devono essere igienicamente dimenticati ed espulsi sono oggetto del nostro colloquio, ci permettono di comprendere  tramite il loro pensiero perpetuato nei secoli , l’eterna verità : l’uomo non è un essere esclusivamente economico,forse è proprio questo il motivo che lo rende “esule “ dagli altri  e da se stesso.


Candida Mezzasalma

Nessun commento:

Posta un commento