martedì 20 novembre 2012

Sulla Fratellanza


Gli ultimi fatti di cronaca ci hanno illu-minato su una questione fondamentale dell’esistenza umana: la fratellanza. Molte aree del pensiero politico hanno sempre sostenuto l’accoglienza dei molti, moltissimi, immigrati all’interno del nostro paese, senza però porsi una domanda inequivocabile: perché accogliere tutte queste persone che apparentemente non hanno niente di “simile” rispetto a noi? Le risposte potrebbero essere di carattere puramente moralista, dove per moralista s’intende una posizione quasi obbligata di acclamata umanità, di rispetto e di bontà. Ma seguendo quello che la filosofia e la religione cristiana ci hanno sempre insegnato non possiamo trascurare un aspetto della questione: il bisogno e il desiderio ontologico di ogni uomo, é come la “Goccia” di Chopin che parla di felicità. Ci si dovrebbe chiedere cosa ci tiene uniti agli altri prima di riflettere sulle innumerevoli differenze culturali che abbiamo. Su una cosa per esempio tutti noi esseri umani siamo d’accordo: sul grande desiderio di Felicità, e sull’ineluttabile destino che ci accomuna. La vita è un dramma forse l’unico rebus dal quale la maggior parte delle volte non abbiamo risposte. Davanti all’esigenza degli immigrati come di noi più fortunati di essere amati non possiamo rimanere impassibili, proprio perché non è impossibile essere amati a nostra volta come noi amiamo e forse di più. 
E’ come Gesù crocifisso per noi, quella passione, quelle parole, quella Rivelazione, fanno presente a noi dopo duemila anni l’amore che dovrebbe sostenere ogni rapporto umano degno di esser chiamato tale. Purtroppo però i rapporti umani sono costituiti nella loro stessa fibra da un qualche interesse che rende impossibile la gratuità che è la stessa forza costituente della fratellanza. Un’esperienza che accomuna bisognosi e meno è quello della caritativa, che consiste nel rifornire di viveri gli abitanti dei quartieri più disagiati della città e nella rieducazione scolastica dei bambini. In questa esperienza non è difficile trovare persone di lingue e culture diverse e dai più disparati orientamenti religiosi. In quel tipo di rapporto che nasce e che cresce all’interno delle famiglie viene a costruirsi quella base fondante della fratellanza, dell’amicizia, dell’amore ormai perduta. Perché se la domanda sul desiderio e sul bisogno di felicità è vissuta nella solitudine probabilmente non porta alcun frutto. Questo è il vero motivo che dovrebbe aprirci il cuore verso l’Altro. L’Alter non è un nemico, è semplicemente diverso da noi, ma simile, una parte irrinunciabile delle nostre azioni, il soggetto costante delle nostre passioni, il punto vivo di tutti i nostri interessi. Non è immaginabile una vita senza l’Altro, nell’eterna solitudine, come sarebbe triste il Mondo visto dagli occhi dell’ultimo sopravvissuto sulla terra, come sarebbe insensata la nostra vita se i nostri occhi non fossero diretti verso lo sguardo benevolo di un altro . Da un lato non si comprende il dissenso che molte persone hanno quando parlano dello straniero. Come se quest’ultimo fosse la radi-ce di tutti i nostri problemi, ma come Caparezza dice in “Io vengo dalla Luna”: “E’ inopportuna la paura di una cultura diversa, che su di me riversa la sua follia perversa, arriva al punto che quando mi vede sterza”.


Forse è più la paura che questi clandestini occupino posti di lavoro che noi non vorremmo mai occupare, o forse è la paura ad esprimere le proprie sensazioni nei confronti del diverso, perché il diverso fa sempre paura come tutto quello che non conosciamo bene, come tutto quello che non sappiamo apprezzare se non ne abbiamo un tornaconto. Oggi si parla tanto di accettare le differenze senza però prendere in considerazione quanto detto sopra, senza mettersi in gioco e rischiare, senza mostrare il proprio Io, senza notare che davanti a un tramonto, anche se ci emozioniamo in maniera diversa, non possiamo non emozionarci, o davanti alla morte le domande in noi si susseguono e siamo tutti piccole entità davanti all’Entità per eccellenza: l’Eternità. Se la fratellanza non vale per l’eternità, non vale per nulla. Se lo sguardo su un altro non è eterno, non è sguardo, perché ogni istante dell’uomo chiede l’Eternità. Pos-siamo magari evitare d‟incontrare un tunisino per strada, ma non possiamo negargli l’esistenza, perché quell’esistenza, come la nostra, in un istante dell’eternità è destinata ad incontrare il diverso.
Fabio Lo Schiavo

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