martedì 20 novembre 2012

L’ora del congedo



Oggi ho sentito il tuo seno ballerino
sfiorare il mio petto nell’ora del congedo
ed è stato come sentire un’anima gridare.
Sono giorni pieni per un cuore contadino,
che empiono i silenzi tanti, fra i solchi vuoti;
povero cantante, rapsodo, romito aedo,
che frughi fra le tue coste da canarino
un non so che di vita che scompare.
Il sale delle mie lacrime non ha mai saziato,
fidati: un pensiero che non chiedo
e che fra i ricordi asciutti resta ad aspettare,
forse saprà saziarmi, o solo un languorino
da pescatore farà passare. Inabitato
prosatore di versi matti, ricordami chi sono,
io intanto aspetterò altre labbra da baciare
e sorrisi da salutare nell’ora del congedo.

Giulio Foderà
13/3/2012

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